
“Sì, lavoro in smartworking e sono incinta: non è Manduria che ha pregiudizi, è un problema di cultura nazionale”, a dirlo è la ventottenne Giada Resta, la lavoratrice manduriana di una multinazionale inglese, già mamma, con un figlio ricoverato in ospedale per una forte gastroenterite e incinta del secondo, che qualche giorno fa si è ritrovata al centro dei riflettori social dopo la pubblicazione di un suo post su Linkedin - e riportato anche dal nostro giornale - nel quale commentava quanto lavorare in smartworking durante il periodo di malattia del figlio, proprio accanto al letto d’ospedale, l’abbia aiutata a non avere un crollo psicologico. A Giada il lavoro l’ha salvata, pur essendo incinta, proprio grazie allo smartworking.
“Dal mio post diventato virale - ha raccontato la lavoratrice manduriana nell’intervista che ci ha concesso -, ho notato che sono soprattutto gli uomini che fanno fatica ad accettare questa condizione”, riferendosi al suo essere una lavoratrice incinta. “Ci sono persone che sono ancora radicate al pensiero di una mamma che debba badare solo al "focolare domestico" – ha voluto puntualizzare -. Per Giada, “essere madre non significa assolutamente azzerare se stessi”, affermando che “noi tutti siamo prima individui”.
La manduriana ha sollevato, quindi, un problema culturale di carattere italiano e non solo locale, ossia quello che la gravidanza è ancora considerata invalidante ed esclusiva, soprattutto dagli uomini, come ha voluto specificare. Lo smartworking rappresenta invece un’importante opportunità per tutte quelle donne, come nel caso di Giada, che non vogliono rinunciare alla propria carriera e nemmeno precludersi la possibilità di diventare madri: “Il lavoro per me è sacro – ha detto Giada che ha chiesto persino la maternità direttamente dalla data presunta del parto -, e feci lo stesso – ha continuato -, durante il servizio civile”. Lavorare ed essere madre per Giada è sempre stato fondamentale, “per sentirmi realizzata sia come donna sia come professionista” – ha specificato -, sottolineando quanto nel tempo abbia cercato di trovare un equilibrio tra le due cose, essere mamma e lavoratrice.
Insomma per la donna lavorare è un salvavita e anche una sorta di distrazione, non solo per via degli effetti ormonali dovuti alla gravidanza, ma anche nei momenti più difficili com'è accaduto durante il periodo di ospedalizzazione del figlio: “Alcuni avrebbero letto un libro, fumato o pianto, io mi son sentita forte lavorando – ha detto Giada -, ribadendo quanto sia stato per lei salutare concentrarsi e lavorare: “Mio figlio era inerme attaccato a una flebo, - ha ricordato -, non poteva mangiare, bere e comunicare. Qualcun altro avrebbe affrontato la situazione diversamente, ma io in quei giorni avevo la necessità di sentirmi occupata per non crollare”. Giada infine ci dice che “con lo smartworking è possibile conciliare tutto. Anche piccoli problemi quotidiani”.
L’esperienza di Giada insegna quindi quanto le tecnologie e una buona dose di connessione, al di là delle chiacchiere da bar, possa garantire vantaggi e opportunità, soprattutto per le donne incinte, perché semplificano dinamiche lavorative come per la remotizzazione del luogo di lavoro. Lo smartworking non è, però, solo questo perché consente di avere accesso a un sistema flessibile e, in particolare, di pari opportunità bilanciando al meglio il rapporto tra la propria vita e il lavoro,
Marzia Baldari
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