
Una vicenda lunga quasi sette anni che ruota attorno all’ospedale Marianna Giannuzzi di Manduria, dove un noto ortopedico che era in servizio al presidio ospedaliero manduriano fu licenziato in modo improvviso nel dicembre del 2018. Quel giorno, presentatosi come di consueto al lavoro, venne bloccato all’ingresso della porta carraia da un vigilante con un ordine perentorio: «Mi dispiace dottore, ma lei da oggi non può timbrare il cartellino». Solo giorni dopo la direzione generale della Asl, allora guidata dal dg Stefano Rossi, gli notificò formalmente la lettera di licenziamento.
Il professionista, difeso dall’avvocatessa Cinzia Filotico, era quindi finito sotto indagine della Guardia di Finanza per presunta attività extra moenia svolta in strutture private della provincia ionica senza l’autorizzazione dell’azienda sanitaria. Un comportamento che la Asl aveva giudicato lesivo sul piano disciplinare ed economico, tanto da spingere il Tribunale a disporre il sequestro preventivo di circa 70mila euro dai suoi conti correnti, ritenuti corrispondenti agli introiti non autorizzati.
Nei giorni scorsi, la giudice della prima sezione penale del Tribunale di Taranto, Flavia Lombardo Pijola, ha dichiarato il “non doversi procedere” per prescrizione del reato contestato, ossia l’indebita appropriazione di denaro. La decisione comporta lo sblocco dei conti e la restituzione della somma sequestrata, comprensiva degli interessi.
Durante il processo, diversi colleghi e responsabili sanitari avevano testimoniato in favore dell’ortopedico, riconoscendone i meriti professionali e sottolineando come il suo arrivo al Giannuzzi avesse contribuito a incrementare ricoveri e interventi nel reparto di ortopedia.
Parallelamente la Asl aveva avviato un procedimento disciplinare interno conclusosi con il licenziamento immediato. L’ortopedico aveva più volte chiesto, senza ottenerla, l’autorizzazione a esercitare attività libero-professionale all’esterno o ad essere inserito negli elenchi dei medici abilitati all’attività intramoenia, restando così in un limbo burocratico che lo esponeva alle pressioni dei pazienti desiderosi di farsi operare in strutture private.
Resta ancora aperto il fronte civile: il ricorso contro il licenziamento è tuttora pendente davanti al giudice del lavoro, che dovrà stabilire se il provvedimento adottato nel 2018 fosse legittimo. Nel frattempo, anche l’Ordine dei medici aveva avviato un proprio procedimento disciplinare.
La vicenda, che ha segnato profondamente la carriera di un professionista stimato all’ospedale Giannuzzi di Manduria, evidenzia le ricadute pesanti che possono avere scelte burocratiche e ritardi amministrativi nel sistema sanitario, fino a determinare l’interruzione traumatica di percorsi professionali e servizi apprezzati sul territorio.
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