
Non solo il telo di copertura strappato che mette allo scoperto i rifiuti ammassati, ma anche danni per opere depredate per diverse decine di migliaia di euro. La vecchia discarica «Li Cicci» di Manduria continua ad essere bancomat dei ladri che negli ultimi 15 anni, tanti quanti ne sono passati dal primo intervento di messa in sicurezza, si sono presentati quattro volte facendo razzia di tutto ciò che potesse avere un valore.
Questa volta, oltre ad una sessantina di metri quadrati di telone di spessa gomma che copre la montagna di spazzatura, i predoni hanno smontato e portato via circa duecento metri di recinto di ferro zincato che chiudeva la parte a Nord dell'impianto, quello che confina con un uliveto e quindi il più nascosto.
Gli autori, molto probabilmente nottetempo, si sono introdotti nell'area perimetrale interna con un mezzo meccanico dove hanno caricato i pannelli di metallo smontati alla base dai bulloni rimasti ancora nel cemento. Tracce del loro passaggio si vedono anche nelle colonnine con gli armadi che contenevano gli interruttori e cavi elettrici, tutto trafugato, come anche nei vani tecnici da dove sono state portate via porte, finestre, interruttori e cavi elettrici. Il furto risalirebbe a qualche tempo fa ma solo in questi giorni l'ufficio comunale competente ha dato mandato ad una impresa specializzata per riparare la parte di telo mancante e coprire lo squarcio che mette a nudo i rifiuti.
Sempre dopo l'avvenuto saccheggio il comune di Manduria che è proprietario dei luoghi, ha istituito un servizio di guardiania con solo passaggio del vigilante per due volte al giorno. Poca cosa, evidentemente, per preservare un sito dall'enorme potenziale inquinante che sinora ha solo prodotto profitti per chi ha gestito la discarica nei cinque anni di attività e inquinamento della falda e guadagni per i ladri di cavi elettrici, interruttori, pompe e ferraglia varia. L'impianto, dismesso definitivamente nel 2008 dopo cinque anni di esercizio e un breve periodo di post gestione lasciata a metà per «troppi rischi d'impresa», è stato già oggetti di lavori di messa in sicurezza ma mai di bonifica.
Più volte causa di incidenti, in parte accidentali in parte voluti, (due incendi, quattro saccheggi, due inchieste della Procura una senza esito l'altra con condanna del vecchio gestore che non ha mai pagato niente), la vecchia «Li Cicci» è stata anche un grosso business per pochi. Si calcola che i cinque anni di attività, calcolando una media di 40 euro a tonnellata moltiplicati per 500 mila tonnellate di spazzatura conferita dai 17 comuni del bacino, abbiano fruttato al gestore circa 20 milioni di euro di denaro pubblico. Gestore che per contratto avrebbe dovuto provvedere alla bonifica finale del sito (sottrazione dei gas, copertura dei cumuli con terra e piantumazione di vegetazione) ma che dopo lo sfruttamento ha lasciato tutto nelle mani del comune che di volta in volta ha tamponato l'emergenza con i quattro interventi di messa in sicurezza.
Un «regalo» che l'ecomostro continua a consegnare all'ambiente e alle finanze pubbliche. La Regione Puglia ha inserito la discarica nel piano regionale per la bonifica dei siti dismessi inquinati, riconoscendola come potenziale fonte di pericolo per l'ambiente e la salute pubblica.
Nazareno Dinoi su Quotidiano di Puglia
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