
È prevista per oggi l’attesissima sentenza sui tre giovani manduriani Gregorio Lamusta, Antonio Spadavecchia e Vincenzo Mazza, rispettivamente di 19, 23 e 19 anni, accusati con undici minorenni di aver usato violenze psicologiche e fisiche sul 66enne, Antonio Cosimo Stano, morto il 23 aprile del 2019 per un’ulcera gastrica che, per l’accusa, sarebbe stata causata proprio dallo stato di stress a cui il branco lo sottoponeva da tempo. I tre che rispondono di violazione di domicilio, lesioni personali, percosse, molestie, furto, sequestro di persona e tortura aggravata dalla sopraggiunta morte del pensionato, rischiano vent’anni di carcere, tanti quanti ne ha chiesti la pubblica accusa rappresentata dal sostituto procuratore, Remo Epifani. Al termine della sua requisitoria, il pubblico ministero ha chiesto di applicare il massimo della pena prevista per il reato di tortura seguita dal decesso della vittima, pari a trent’anni decurtati di un terzo in funzione del rito abbreviato scelto per il processo. Dall’altra parte il collegio dei difensori composto dagli avvocati Cosimo Micera, Armando Pasanisi, Franz Pesare, Lorenzo Bullo e Gaetano Vitale, che hanno chiesto l’assoluzione dei propri assistiti. A decidere sarà la giudice delle udienze preliminari, Vilma Gilli che ha già fatto sapere di voler concludere tutto entro oggi per cui, dopo le repliche delle parti, si ritirerà in camera di consiglio per il dispositivo finale.
Determinanti ai fini della sentenza saranno i pareri contrapposti espressi dai periti e consulenti a cui si sono rivolti sia la difesa che l’accusa e la stessa giudice. Gli specialisti, ognuno in base alle proprie competenze, hanno dato una risposta dal cui sito dipenderà la pena. I periti dell’accusa e del gup, rispettivamente Liliana Innamorato per conto del pm e il medico legale Roberto Vaglio e il chirurgo Carmine Chiumarulo per la giudice, sono concordi nel credere che la morte del sessantaseienne sia stata la diretta conseguenza delle continue violenza subite; quelli della difesa, invece, il medico legale Massimo Brunetti con il chirurgo romano Rosario Sacco, sostengono che l’ulcera di cui soffriva l’uomo fosse dovuta a vari fattori di natura farmacologica o alimentare o di un cattivo tenore di vita del pensionato che da anni, soffrendo di turbe psichiche, aveva scelto di vivere in totale isolamento anche dalla sua stessa famiglia.
Se dovesse cadere il reato più pesante, quello della tortura come causa di morte, appunto, i tre imputati se la caverebbero con poco considerata la loro giovane età, l'incensuratezza e, così come chiesto dalla difesa, la loro seppur tardiva collaborazione con gli inquirenti.
È andata decisamente meglio agli undici ragazzini coinvolti nella stessa indagine. Per loro il Tribunale per i minorenni di Taranto ha deciso di sospendere il processo concedendogli la messa alla prova ai servizi sociali per un periodo che va da un anno e mezzo ai tre anni, superato il quale il reato sarà estinto. Erano loro, con i tre maggiorenni alla sbarra, i componenti della banda «degli orfanelli», così come si facevano chiamare nelle chat dove caricavano i video con le scene di inaudita violenze sul pensionato inerme che chiedeva inutilmente aiuto ad un contesto assente. Immagini che hanno fatto inorridire l’intero Paese.
Nazareno Dinoi
Vuoi commentare la notizia? Scorri la pagina giù per lasciare un tuo commento.
© Tutto il materiale pubblicato all’interno del sito www.lavocdimanduria.it è da intendersi protetto da copyright. E’ vietata la copia anche parziale senza autorizzazione.