
A novembre il delitto del cavalcavia di Manduria in cui è rimasto ucciso un giovane leccese di 21 anni, inizierà la fase giudiziaria. Il pubblico ministero dell’antimafia di Lecce, Milto Stefano De Nozza, ha infatti chiesto il processo per i sei imputati coinvolti nell’inchiesta sull’uccisione di Natale Naser Bahtijari, il ventunenne leccese di origini rom ammazzato a Manduria nella notte tra il 22 e il 23 febbraio scorso. La giudice delle udienze preliminari, Giulia Proto, ha già fissato l’udienza che si terrà il prossimo 20 novembre nell’aula bunker del carcere di Lecce. Alla sbarra ci saranno i tre presunti autori del delitto, i manduriani Vincenzo Antonio D’Amicis di 19 anni, Domenico D’Oria Palma e Simone Dinoi di 23; il fratello della vittima, Suad Bahtijari di 29 anni, accusato di aver ceduto 100 grammi di cocaina ai tre principali imputati; il nonno di D’Amicis, il 63enne manduriano Vincenzo Stranieri che risponde di rapina in concorso con il nipote dell’auto con la quale il giovane rom si era recato a Manduria e del titolare del pub “Bunker bar”, Cosimo Molendini, manduriano di 34 anni, sospettato di aver favorito il delitto cercando di cancellare prove dello stesso.
A difenderli ci saranno gli avvocati Franz Pesare, Armando Pasanisi, Lorenzo Bullo, Nicola Marseglia per i manduriani e Benedetto Scippa e Stefano Stefanelli per il leccese Bahtijari.
Sono otto i capi d’imputazione da cui gli imputati si devono difendere. I tre principali inquisiti, D’Amicis, D’Oria Palma e Dinoi, sono accusati di omicidio pluriaggravato da motivi futili, dall’aver adoperato sevizie, dall’aver agito con crudeltà e dal metodo mafioso. I loro nomi, oltre all’omicidio, compaiono in concorso in altri sei capi d’accusa che sono cessione e detenzione di sostanza stupefacente, tentata distruzione di cadavere, porto d’arma da taglio, detenzione di arma da fuoco con matricola abrasa e ricettazione di arma da sparo. Zio e nipote, Vincenzo e Vincenzo Antonio Stranieri devono rispondere di concorso di
Rapina pluriaggravata e il gestore del bar, Molendini di favoreggiamento per aver disattivato l’impianto di videosorveglianza all’interno del locale dove sarebbe avvenuta una prima aggressione del ventunenne leccese e di aver ripulito con della varechina le macchie di sangue sparse sul pavimento.
I tre presunti omicidi hanno rilasciato dichiarazioni spontanee al pm dalle quali sarebbe emerso che l’azione omicidiaria, iniziata nel bar da D’Amicis e D’Oria Palma, sarebbe stata la conseguenza di un atto di difesa dei manduriani, minacciati da Natale Naser Bahtijari armato di coltello e che Dinoi si sarebbe presentato solo dopo per accompagnare i tre nel luogo dove sarebbe avvenuta l’aggressione finale culminata con la morte del giovane lasciato in fin di vita su un terrapieno sotto un cavalcavia alla periferia della città messapica. Il più giovane dei tre che devono rispondere di omicidio si è detto inoltre dispiaciuto di quanto avvenuto e che avrebbe fatto tutto per paura e perché era sotto l'effetto della cocaina che assumeva regolarmente ogni giorno. D’Amicis ha poi sminuito le responsabilità del nonno, Vincenzo Stranieri, storico boss della sacra corona unita. «Mi ha accompagnato per non farmi fare altre fesserie», ha detto il diciannovenne al sostituto procuratore De Nozza che ora ha chiesto per tutti l processo.
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3 commenti
Luca
mer 13 settembre 10:22 rispondi a LucaLasciateli marcire in carcere. Non abbiamo bisogno di questa spazzatura nella società
Francesco Catapano
mar 12 settembre 12:12 rispondi a Francesco CatapanoCi vuole pulizia, solo pulizia.
Marco
mar 12 settembre 09:57 rispondi a MarcoUna volta tutto il popolo li prendeva e li appendeva. L' habitat del delinquente incallito non cambia. Opinione