Giovedì, 10 Luglio 2025

Giudiziaria

Si delineano gli impianti difensivi

Delitto del cavalcavia, la parola alle difese e a settembre la sentenza

Da sinistra: Pesare, Pasanisi, Bullo Da sinistra: Pesare, Pasanisi, Bullo

È toccato alle difese dei tre imputati, ieri, prendere la parola nel processo in Corte d’assise per l’omicidio di Natale Naser Bahtijari, il 21enne leccese di etnia rom ucciso a Manduria nella notte tra il 22 e il 23 febbraio del 2023. I difensori dei tre imputati, Vincenzo Antonio D'Amicis di 23 anni, Simone Dinoi e Domenico D'Oria Palma di 25, tutti manduriani che rispondono di concorso in omicidio pluriaggravato dai motivi futili, dall'avere agito con crudeltà e dal metodo mafioso, di tentata distruzione e soppressione di cadavere ed altri reati, hanno preso la parola a turno delineando ognuno la propria strategia difensiva che ieri si è demarcata con maggiore evidenza. Il pubblico ministero della Procura antimafia di Lecce, Milto Stefano De Nozza, ha già chiesto l’ergastolo per D’Amicis, 26 anni per D’Oria Palma e 28 per Dinoi. 

I primi a parlare ieri nell’aula Alessandrini del Tribunale ionico sono stati gli avvocati Franz Pesare e Armando Pasanisi, rispettivamente per D’Oria e Dinoi. Pesare ha ricostruito l’arrivo della vittima nel bar dove sarebbe avvenuta la prima violenta aggressione sostenendo, richiamando su questo le dichiarazioni degli stessi investigatori e le intercettazioni delle telecamere cittadine, che i primi ad arrivare nel locale sarebbero stati D’Amicis e il leccese e che D’Oria Palma che si era allontanato per lasciare un monopattino elettrico, li avrebbe raggiunti in un secondo tempo quando l’aggressione sarebbe già avvenuta. L’avvocato Pasanisi ha rimarcato l’assenza totale del suo assistito all’interno del pub essendo arrivato dopo, chiamato da D’Amicis, per caricare nella sua macchina il giovane che era stato già ferito.

È stata poi la volta dell’avvocato Lorenzo Bullo che in difesa dell’imputato principale, D’Amicis, ha tirato fuori delle intercettazioni ambientali e telefoniche che proverebbero l’esistenza di una pistola nella disponibilità di Bahtijari che, ricordiamolo, si era recato all’appuntamento per riscuotere il denaro di una vecchia fornitura di droga che i tre manduriani avrebbero ritardato a pagare. Le intercettazioni cui l’avvocato Bullo ha fatto riferimento in aula, sarebbero una telefonata intercorsa tra la sorella della vittima e una delle ragazze che l’aveva accompagnata a Manduria e un dialogo tra i tre imputati registrato dalla cimice montata sulla macchina di Dinoi in cui si afferma di aver preso «la pistola» di Bahtijari e di averla poggiata sul cruscotto.   

Il percorso dei tre difensori quindi appare chiaro. L’imputato principale, D’Amicis, punta sull’attenuante di aver reagito nel contesto di una lite finita male e senza premeditazione, mentre gli altri quella di aver preso parte alle fasi successive alla pugnalata più profonda e quindi mortale. Un giudizio finale simile per entrambi da parte della Corte, li affrancherebbe dal reato più grave del concorso in omicidio e si aprirebbe la possibilità di far ricorso al rito abbreviato e quindi ad un consistente sconto di pena.  

Tutto si deciderà nella prossima udienza del 20 settembre che dovrebbe essere l’ultimo. In agenda per quella data infatti, ci sono le repliche poi il ritiro della corte per la sentenza.

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