Sabato, 9 Dicembre 2023

Giudiziaria

A querelarlo era stato il manduriano Leonardo Daversa

Assolto in appello imprenditore di Sava, aveva diffamato un suo collega manduriano

Tribunale Taranto Tribunale Taranto

È durato 8 anni il processo nato dalla denuncia presentata da un imprenditore manduriano del settore auto e un suo collega di Sava che lo aveva diffamato parlando con alcuni clienti. Indagato per questo, il sapere era stato condannato ma la Corte d'appello ha cancellato tutto assolvendolo con la formula piena.
Ferdinando Pinnella, titolare di "AutoPin", è stato «perché il fatto non costituisce reato».

La Corte presieduta dal giudice Antonio Del Coco, ha revocato inoltre le sanzioni civili dalle quali sarebbe potuto scaturire il giudizio civile con risarcimento danni milionario. Si chiude così, dopo otto anni dai fatti, la lunga battaglia che ha visto coinvolte due realtà leader pugliesi nel settore delle quattroruote, nuovo e usato. L'imprenditore di Sava che si è fatto difendere dagli avvocati Franz Pesare e Armando Pasanisi, era stato querelato da un suo diretto concorrente manduriano il quale aveva appreso di essere stato offeso in presenza di alcune persone. Nello specifico Pinnella dichiarava (e confermava durante il processo) che il suo competitor aveva evaso le imposte per diversi milioni di euro ed aveva commesso varie truffe. 

Ad integrazione di quanto pubblicato, si precisa che l'imprenditore che aveva querelato Pinnella è Leonardo Davesa della Davermobile, a suo tempo indagato e poi prosciolto per prescrizione dai reati per i quali era finito sotto indagini della Guardia di Finanza. 

Consigliato dai suoi avvocati, l'imputato dichiarava in fase di giudizio che tali notizie le aveva apprese da diverse testate giornalistiche che davano conto di una indagine, sfociata con il rinvio a giudizio dell'imprenditore manduriano e di altri imputati per evasione fiscale.

In primo grado l'imputato veniva condannato a 30 giorni di reclusione e al risarcimento del danno nei confronti della persona offesa che in quella sede, a causa delle accuse diffamanti ricevute, accusava un calo di vendite per tre milioni di euro. Gli avvocati Pesare e Pasanisi proponevano appello invocando la scriminante del diritto di critica e cronaca, chiedendo e ottenendo l'assoluzione del loro assistito per essersi limitato a riportare un fatto storico di cronaca realmente esistito e non inventato.

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