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Ambiente svenduto, si apre il processo all'Ilva
Ambiente svenduto, si apre il processo all'Ilva | © n.c.TARANTO - È previsto per oggi l’avvio del processo di primo grado sul presunto disastro ambientale causato dall’Ilva di Taranto. Con qualche incertezza sull’effettivo inizio per la mancata notifica di alcuni avvisi agli imputati (l’udienza potrebbe slittare di un mese), l’aula Alessandrini della Corte d’assise del tribunale jonico, presieduta da Michele Petrangelo, a latere Fulvia Misserini, darà il battesimo al più grande processo italiano contro l’inquinamento industriale e i danni provocati sulla popolazione e sulla salute. Quarantasette in tutto gli imputati tra cui le più alte sfere dell’ex governo regionale, provinciale e cittadino; i vertici aziendali, i proprietari del siderurgico e i dirigenti, imprenditori, tecnici, faccendieri e persino esponenti della chiesa. Molteplici i reati contestati: da quelli più gravi dell’associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di acque e sostanze alimentari al getto pericoloso di cose, all’omissione di cautele sui luoghi di lavoro che avrebbero causato, tra gli altri, due `morti bianche; ai «più leggeri» come la falsa testimonianza, il favoreggiamento e la concussione. Di quest’ultimo reato deve rispondere l’imputato più in vista del processo, l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, accusato di aver condizionato il direttore dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato (anche lui tra gli imputati per favoreggiamento), a fissare valori di inquinamento più favorevoli all’Ilva. Gli imputati che secondo l’accusa sarebbero stati all’apice di ogni reato sono naturalmente i proprietari della più grande acciaieria d’Europa, gli industriali Riva: Nicola e Fabio, quest’ultimo unico ancora detenuto per colpa di una lunga latitanza all’esterno, mentre non ci sarà il capostipite Emilio, deceduto il 29 aprile 2014. Tra i politici sotto processo, oltre a Vendola, sfilerà il deputato di Sel Nicola Fratoianni e un consigliere regionale Pd, Donato Pentassuglia, entrambi accusati di favoreggiamento personale, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano (abuso d’ufficio), l’ex presidente della Provincia di Taranto, Giovanni Florido e l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva (entrambi per concussione). Folta anche la schiera di ex dirigenti del siderurgico: dall’ex presidente ed ex prefetto di Milano, Bruno Ferrante, ai direttori di stabilimento, dall’ex responsabile rapporti istituzionali, Girolamo Archinà, ai cosiddetti fiduciari dei Riva, un legale Ilva, funzionari ministeriali per l’Aia 2011 e funzionari regionali. Dall’altra parte un’intera città con la sua provincia rappresentati da oltre mille costituzioni di parti civili tra abitanti del quartiere Tamburi, il più vicino alla fabbrica, imprenditori e allevatori rovinati dalla diossina, famiglie di operai deceduti, sindacati e soprattutto associazioni ambientaliste. Impossibile al momento quantificare il numero di testimoni che sfileranno davanti alla corte. Solo la pubblica accusa, rappresentata dal procuratore capo Franco Sebastio, dal suo aggiunto Pietro Argentino e da quattro sostituti ne chiameranno 179 con la citazione di altri 31 tra gli imputati.
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno/Corriere della Sera
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