Una brutta gatta da pelare per il dirigente comunale Enzo Dinoi che rischia di farsi carico di una spesa per un’opera pubblica da lui commissionata ad un’impresa senza il necessario impegno di spesa. A questo porta la sentenza del tribunale di Taranto che ha accolto l’opposizione presentata dalla giunta dell’allora sindaco Roberto Massafra ad un decreto ingiuntivo avanzato dalla ditta «Cimenes Giosuè» che nel 2012, su invito del dirigente dell’area amministrativa, Dinoi, aveva installato un impianto di telesorveglianza nel canile comunale e in alcuni locali di San Pietro in Bevagna, per una spesa di 8.971 euro. Il periodo era quello amministrato dal commissario prefettizio. La presentazione del conto, invece, è avvenuta con la successiva amministrazione politica del sindaco Roberto Massafra che non ha ritenuto opportuno legittimare il debito con il solito meccanismo del riconoscimento del debito fuori bilancio. Così l’imprenditore a luglio del 2015 ha proposto un decreto ingiuntivo contro cui la giunta si è opposta per due volte ritenendo impropri i lavori a suo tempo commissionati all’impresa. Si è aperto quindi un processo concluso con una sentenza che impensierisce il dirigente.
«Pur essendo pacifico che la ditta abbia svolto il servizio richiesto ed emergendo dalle proposte di delibera allegate anche l’utilità che l’Ente ne ha conseguito – scrive la giudice Rossella Di Todaro nella sentenza -, non è possibile, in base alle norme vigenti, condannare l’Ente al pagamento delle stesse prestazioni, nemmeno a titolo di indebito arricchimento».
E chi paga? La giudice non lascia spazio a dubbi di sorta. «Il terzo che ha eseguito un’opera o una prestazione in favore dell’Ente, dietro incarico di un funzionario dello stesso Ente senza previa delibera di impegno di spesa – scrive - è tenuto ad agire direttamente verso il funzionario, determinandosi una frattura del rapporto di immedesimazione organica tra il funzionario e l’Ente, né può agire con l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’Ente, avendo un’azione diretta verso il funzionario, stante la natura sussidiaria dell’azione di arricchimento».
In altre parole, la fattura non può essere pagata dal denaro pubblico ma da chi ha commissionato i lavori, il dirigente appunto, senza preoccuparsi di individuare i fondi relativi dal bilancio. Ancora più chiara la parte finale della sentenza. «In conclusione – scrive la giudice Di Todaro - il decreto ingiuntivo deve essere revocato perché non sussiste un obbligo del Comune di far fronte ad una spesa non autorizzata dal Comune né preventivamente né successivamente». All’imprenditore ora non resta che rivolgersi al dirigente Dinoi e chiedere a lui conto del lavoro svolto e delle spese legali e di giudizio sostenute sinora.
Le telecamere sulla costa
Il servizio di telesorveglianza mai pagato all’impresa installatrice, fu montato nei locali del canile comunale di Manduria affidato in gestione ad un’associazione animalista. Il comune allora era amministrato da un commissario prefettizio. Secondo la giunta Massafra che si insediò subito dopo, la spesa dell’impianto di telesorveglianza sarebbe dovuta essere a carico del gestore del canile e non del comune e per questo, nel 2015, ha presentato opposizione all’atto ingiuntivo dell’impresa.
Contenzioso a parte, delle telecamere installate nel canile esiste traccia (se ne parlò in quegli anni a seguito di un furto di crocchette per cani commesso da sconosciuti), non siamo stati in grado di scoprire, invece, in quale struttura comunale di San Pietro in Bevagna furono installate le altre telecamere citate nella fattura e nella sentenza del Tar.
Nazareno Dinoi
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