Tappa decisiva quella di oggi per il processo che vede alla sbarra i tre manduriani, Gregorio Lamusta, Antonio Spadavecchia e Vincenzo Mazza, tra 19 e 23 anni, componenti della «banda degli orfanelli», sedici giovanissimi in tutto con 13 minori, accusati di aver vessato, sino alla tortura psicologica e fisica, il 66enne manduriano Cosimo Antonio Stano, morto il 23 aprile dello scorso anno - secondo l’accusa per gli abusi subiti -, dopo un lungo periodo di ricovero in ospedale. Nell’udienza odierna che si svolge a porte chiuse davanti al gup Vilma Gilli (il procedimento si svolge con il rito abbreviato), è prevista la discussione del collegio difensivo composto Gaetano Vitale, Armando Pasanisi, Lorenzo Bullo e Franz Pesare. Gli avvocati dovranno provare l’innocenza dei rispettivi assistiti partendo da una pesante richiesta di venti anni di pena proposta dalla pubblica accusa rappresentata dal pubblico ministero Remo Epifani. I tre rispondono di violazione di domicilio, lesioni personali, percosse, molestie, furto, sequestro di persona e tortura aggravata dalla sopraggiunta morte. Quest’ultimo reato, soprattutto, prevede una pena di trent’anni, completamente riconosciuta dal piemme, ridotta a venti per lo sconto previsto dal rito alternativo scelto.
Codice e perizia medico legale nelle mani, gli sforzi degli avvocati oggi saranno quasi tutti incentrati a demolire la contestazione del reato del 613 bis sulla tortura, aggravata dal quinto comma che recita: «Se dai fatti di cui al primo comma, deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta». Secondo la perizia del medico legale della pubblica accusa, confermata dal parere degli specialisti incaricati dalla gup Gilli, l’ulcera emorragica gastrica che ha causato la morte di Stano è stata la conseguenza dei continui soprusi, insulti e aggressioni del branco che si divertiva a registrare sui telefonini le scene terribili che facevano poi girare sui social.
A questa «diagnosi» si oppone la perizia di parte che la difesa ha affidato al medico legale Massimo Brunetti e al chirurgo Rosario Sacco. Secondo i due specialisti, l’ulcera sarebbe stata la conseguenza di una cattiva alimentazione o del cattivo uso di farmaci che l'uomo si autosomministrava senza consultare il suo medico curante il quale, ascoltato dagli inquirenti, ha dichiarato di non aver mai visto nel suo ambulatorio. Nella loro relazione, i due medici ipotizzano procedure mediche non adeguate nel corso del ricovero di Stano all’ospedale Giannuzzi di Manduria.
La giudice Gilli che nel frattempo è stata trasferita al Tribunale di Brindisi, sarebbe orientata a chiudere tutto entro la fine del mese. I tre imputati nel frattempo sono sottoposti agli arresti domiciliari.
Nazareno Dinoi
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2 commenti
Marco
sab 16 maggio 2020 06:29 rispondi a MarcoOrfanelli alla sbarra, oggi tocca agli avvocati ??????
Piero albanese
ven 15 maggio 2020 12:33 rispondi a Piero albanesePena esemplare senza indulgenza! La nostra società e i nostri figli meritano un futuro migliore di questi scempi.