Il malcostume di molti invitati di non presentarsi all’ultimo momento al banchetto di nozze, è costata una denuncia penale e un processo per evasione fiscale ai proprietari di una nota sala ricevimenti di Manduria, assolti «perché il fatto non sussiste» dopo quasi cinque anni dall’accertamento. È accaduto ai titolari di una nota sala ricevimenti della città del Primitivo, padre e figlio, finiti sul registro degli indagati con l’accusa di aver «occultato numerosi documenti contabili riferiti all’attività d’impresa esercitata tra il primo gennaio del 2012 a giugno del 2014». La presunta distruzione di documenti contestata ai due ristoratori, era relativa alla prima bozza dei contratti stipulati con i futuri sposi, quella in cui le parti concordano le portate del banchetto, il relativo prezzo e naturalmente il numero ipotetico degli invitati.
L’incubo per i due titolari dell’affollatissimo relais che ogni anno organizza circa un centinaio di banchetti con un fatturato stimato medio intorno al milione di euro l’anno, è iniziato a luglio del 2014 quando i militari della Guardia di Finanza della compagnia di Manduria si presentarono nell’azienda per un normale controllo di natura fiscale.
In quella occasione le fiamme gialle acquisirono dei documenti utili alle verifiche oltre alla documentazione fiscale presente in sede. La curiosità degli investigatori della polizia economica e finanziaria fu attratta dalle cartelline, sette in tutto, contenenti il nome dei futuri sposi e gli appunti sul menù prescelto, gli invitati con il prezzo ed altri particolari sulla cerimonia da fare. Confrontando questi contratti con le ricevute fiscali emesse, i militari avevano notato delle discrepanze tra il numero dei coperti previsti e le somme incassate con gli scontrini fiscali. Da qui la richiesta degli inquirenti di tutti i preventivi-contratti stipulati dal 2012 a giugno del 2014 che gli imprenditori, dopo un consulto con il proprio commercialista, facevano sapere di non aver conservato. Per cui l’incriminazione per reati tributari e la distruzione di documenti contabili in concorso con la richiesta di rinvio a giudizio avanzata e ottenuta dal pubblico ministero Filomena Di Tursi.
È iniziato così il processo durato quattro anni concluso l’altro ieri con l’assoluzione «perché il fatto non sussiste» emessa dal giudice del Tribunale di Taranto, Francesco Maccagnano. I due imprenditori che hanno affidato la propria difesa agli avvocati Gianluca D’Oria, Cosimo Micera e Lorenzo Bullo, hanno potuto così dimostrare la fisiologica non correlazione tra numero di invitati e le effettive presenze; ma soprattutto la non necessità di conservare tutti i contratti sottoscritti preventivamente con i clienti. I due erano accusati anche di aver occultato agli investigatori, al fine di evadere le imposte, parte della documentazione contabile così da impedire una corretta ricostruzione del fatturato della società. La difesa ha dimostrato come quei contratti, in realtà, non fossero obbligatori per legge né la loro mancata esibizione aveva impedito comunque ai finanzieri di ricostruire il reddito della società.
Nazareno Dinoi
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1 commento
giorgio sardelli
mar 28 gennaio 2020 01:56 rispondi a giorgio sardellima all'epoca del controllo fiscale gli ispettori hanno fatto un verbale? sicuramente si, quello è l'unico scopo degli ispettori fare i verbali a chi lavora veramente fra tanti salti mortali, fanno solo danni alla imprenditoria e affossano l'economia del territorio.