Per due anni è stato sotto processo per rispondere di un reato degradante per un padre: l’aver picchiato e cacciato di casa in piena notte la propria convivente e le due figlie minori. Denunciato e processato anche per non aver assicurato i mezzi di sussistenza alle bambine, un manduriano di 43 anni, A.S. le sue iniziali, è stato infine assolto con la formula piena.
Un rapporto di coppia che non funzionava con profonde incomprensioni e continue liti che non promettono niente di buono sino alla rottura definitiva che avviene nel peggiore dei modi. Discussioni sempre più violente con l’uomo che comincia ad alzare le mani sino a sbattere fuori di casa sia la madre che le due figlie ancora piccole. Questa almeno era la versione della presunta vittima firmataria di una denuncia dai contenuti che hanno rischiato di far finire in carcere l’uomo. Accuse smontate una ad una dalla difesa dell'imputato affidata all’avvocato Lorenzo Bullo che ha fatto emergere una serie di contraddizioni nel racconto della donna che si era costituita parte civile nel processo.
I fatti narrati dalla convivente (i due non si erano ancora sposati), partono dal 27 gennaio del 2017. Quella sera il suo compagno che lavora all’Ilva, ora ArcelorMittal di Taranto, era rientrato dal lavoro poco prima della mezzanotte (faceva il secondo turno) ed appena varcata la soglia tra i due era iniziata la solita discussione che aveva come sfondo la gelosia di lei. La reazione dell’operaio sarebbe stata più violenta del solito tanto da picchiarla colpendola ripetutamente con un giocattolo della figlia di quattro anni che con la sorella di tredici assistevano terrorizzate a quella terribile scena. Racconta sempre la donna nella denuncia che l’uomo, non contento delle percosse, l’avrebbe afferrata e con forza portata fuori insieme alle due figlie chiudendo la porta a chiave.
Accuse infamanti che hanno fatto aprire un procedimento penale condotto dal pubblico ministero Filomena Di Tursi che ha chiesto ed ottenuto il processo per il 43enne che doveva rispondere di violenza privata e inosservanza degli obblighi di mantenimento della figlia legittima di 4 anni (perché la quattordicenne è figlia di primo letto della donna). In sede di processo la presunta vittima che nel frattempo si era costituita parte civile, ha presentato testimonianze della figlia e di altre persone che confermavano tutte le accuse rivolte all’uomo. È toccato poi all’avvocato Bullo fare emergere numerose incoerenze nei loro racconti. La prima a cadere in contraddizione è stata la donna che non ha saputo spiegare come mai, pur avendo subito ripetute violenze dal compagno, non avesse mai deciso di denunciarlo o farsi visitare da un medico. A procedimento penale in corso, si è poi saputo che la donna ha avviato anche un contenzioso in sede civile rivendicando l'affidamento dell’appartamento del compagno. Intanto sono state respinte tutte le accuse di rilevanza penale con la sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste» emessa dal giudice monocratico del Tribunale di Taranto, Tiziana Curci.
Nazareno DinoiVuoi commentare la notizia? Scorri la pagina giù per lasciare un tuo commento.
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