Un altro rinvio, questa volta l’ultimo perché saranno tutti giudicati con il rito abbreviato, dell’udienza preliminare che vede alla sbarra il sindaco di Manduria, Gregorio Pecoraro e tutti gli ex vertici dell’Ordine dei commercialisti della provincia di Taranto i quali devono rispondere di mobbing e violenza psicologica nei confronti di una ex dipendente. Uno di loro, l’ex tesoriere Riccardo Scialpi, è anche accusato di violenza sessuale. Il giudice delle udienze preliminari, Francesco Maccagnano, che doveva decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pubblico ministero Rosalba Lopalco, ha rinviato al 16 luglio l’udienza che sarà quella definitiva. Tutti gli avvocati del collegio difensivo, infatti, hanno chiesto ed ottenuto il rito abbreviato. Niente dibattimento, quindi, ma sentenza diretta sulla base delle sole prove e memorie attuali.
L’udienza di ieri si è prolungata più del solito per l’ascolto dell’imputato accusato di violenze sessuali, Scialpi, che aveva chiesto di essere ascoltato. Nelle dichiarazioni spontanee, sarebbe emersa la volontà dell’uomo di fare credere l’esistenza di un presunto legame tra lui e la donna dalla cui denuncia (è assistita dall’avvocato Massimo Saracino) è partita l’indagine che ha coinvolto tutti gli ex componenti dell’organismo che governa i dottori commercialisti della provincia ionica. In otto sono finiti sotto inchiesta. Si tratta dell'ex presidente dell'Ordine, Cosimo Damiano Latorre, degli ex tesorieri (succedutisi dal 2013 al 2016) Riccardo Scialpi e Maria Rosaria Chiechi, del tesoriere Angela Cafaro, dell'ex segretario dell'Ordine ed ora sindaco di Manduria, Gregorio Pecoraro (difeso dall’avvocato Raffaele Errico) e delle impiegate Teresa Giusto e Lucia Arina. Tutti rispondono di concorso in maltrattamenti e lesioni personali aggravate.
Secondo l'accusa, gli imputati avrebbero sottoposto l'impiegata, ex referente del Collegio di disciplina territoriale e del Collegio dei Revisori dei conti, «a reiterati atti di violenza psicologica per la convergenza di motivi di natura personale e professionale». Atteggiamenti, sostiene la pubblica accusa, che avrebbero portato la donna «in una situazione di isolamento e di emarginazione sul luogo di lavoro» costringendola ad assentarsi dal lavoro per «malattia professionale» per un periodo di sei mesi.
N.Din.
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2 commenti
Marco
ven 21 maggio 2021 10:36 rispondi a MarcoMalattia professionale...6 mesi MA CHE BELLA INVENZIONE ??
Gregorio
ven 21 maggio 2021 09:39 rispondi a GregorioHa sette vite come i Gatti, sperando che sia l'ultima volta di rinvii