Sabato, 20 Aprile 2024

Giudiziaria

La delusione dei familiari

Archiviata senza responsabili l'indagine sulla morte di Michele: "fatale incidente"

Michele Dinoi con l Michele Dinoi con l'avvocatessa Sara Piccione | © La Voce di Manduria

Dopo tre anni di indagini, decine di interrogatori e tanti sospetti e due opposizioni all’archiviazione proposta dal pubblico ministero che ha condotto le indagini, il caso sulla morte del diciottenne manduriano Michele Dinoi è stato definitivamente chiuso senza colpevoli.

Per gli inquirenti si è trattato di un drammatico incidente: il ragazzo, per ragioni inspiegabili, forse per una caduta accidentale, sarebbe finito con la testa nella ringhiera che delimita la piccola veranda di casa strozzandosi con la corda del cappuccio di una felpa che indossava. Restando così sino all’asfissia quasi totale. Dalla ricostruzione fatta dagli investigatori, a liberare il corpo quando era ormai in fin di vita, fu un suo amico che diede l’allarme ai familiari. Era il 27 dicembre del 2017, il ragazzo fu soccorso dal personale del 118 e ricoverato in condizioni disperate prima nella rianimazione dell’ospedale di Manduria e poi nella clinica neurologica «Villa Verde» di Lecce dove morì sei mesi dopo.
A non aver mai creduto a questa ricostruzione dei fatti sono stati i suoi parenti, il padre Damiano con la sorella Martina e la madre che vive separata dall’ex marito. Entrambi con i rispettivi avvocati, Sara Piccione del foro di Taranto per il papà e Francesco Miraglia del foro di Modena per la mamma, si sono opposti inutilmente all’archiviazione convinti che ad uccidere il figlio non sia stato un incidente ma la mano di qualcuno.


Inizialmente anche i carabinieri della compagnia di Manduria avevano nutrito dubbi circa la causa del decesso. In seguito alla perizia effettuata sul cellulare di Michele e dalle varie chat estratte, gli investigatori dell’Arma avevano ascoltato tutti i giovani che avevano avuto in qualche modo un contatto con Michele non facendo emergere niente di concreto. I telefoni intercettati avevano invece portato i carabinieri su una pista che ha messo in luce un traffico di sostanze stupefacenti anche tra minori con l’identificazione di nove indagati.
Nel corso delle indagini sulla morte di Michele, l’avvocatessa Piccione aveva presentato varie integrazioni di querela fondate sia su ulteriori chat che venivano inviate alla sorella o scoperte tramite contatti di rete, sia sul contenuto di nuove chat, senza portare niente di concreto.
In seguito alla richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero Lucia Isceri, il padre e la sorella della vittima hanno presentato opposizione fondata sulla mancanza di esaustività dell'interrogatorio di alcuni giovani manduriani che avevano avuto un rapporto di stretto contatto con Michele Dinoi e sul mancato ascolto di altri personaggi coinvolti a vario titolo nelle chat contenute sul telefonino del diciottenne. Il giudice delle indagini preliminari Rita Romano ha invece ritenuto esaurienti gli interrogatori effettuati e l'indagine compiuta in tre anni qualificando la morte di Michele come conseguenza di una caduta accidentale, escludendo quindi il coinvolgimento di terzi e disponendo l'archiviazione.
Il padre e la sorella, profondamente delusi e per niente soddisfatti circa l’sito finale delle indagini, sperano che possa emergere qualche particolare dell’oscura vicenda che motivi la riapertura del fascicolo. Ed escludono ogni ipotesi di suicidio da parte di un ragazzo «che aveva voglia di vivere – dicono - e tanti progetti per il futuro».
Nazareno Dinoi su Quotidiano

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COMMENTA

1 commento

  • Marco
    gio 11 febbraio 2021 08:52 rispondi a Marco

    Potete pubblicare le foto dell' incidente?? Molto probabilmente qualcuno avrà qualche ipotesi esaustiva. L' intelligenza collettiva funziona bene...

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