
Hanno raccontato una versione del tutto diversa ieri, nell’udienza di convalida del fermo, i due tarantini arrestati l’altro ieri a Manduria con l’accusa di avere aggredito e tentato di estorcergli denaro un manduriano con cui uno di loro, un mese prima, aveva avuto un incidente stradale a Taranto. Al termine dell’udienza di ieri, il gip Benedetto Ruberto pur confermato gli arresti domiciliari, ha trasformato la misura con l’obbligo di non avvicinamento alla vittima concedendo la libertà ai due indagati Luciano Scarcia di 35 anni e Cosimo Camardi di 39. Assistiti dal proprio avvocato, Massimiliano Scavo, i due tarantini che devono rispondere di tentata estorsione e lesioni personali, hanno risposto alle domande offrendo una loro versione dei fatti nati da un incidente avvenuto a dicembre scorso tra Camardi e il trentunenne manduriano il quale, riconoscendo la responsabilità dello scontro, si era reso disponibile a far riparare il danno da un suo parente carrozziere o da lui stesso. Scarcia, invece, nell’aggressione di due giorni fa, avrebbe ricoperto un ruolo di mero accompagnatore dell’amico.
Secondo Camardi, sarebbe stato il manduriano ad esasperare gli animi, prima con i continui rinvii della data in cui avrebbe dovuto provvedere a far sistemare la fiancata dell’auto ammaccata e poi, ad incontro avvenuto nel posto convenuto (la stazione di servizio Agip di Manduria), con la sua presunzione di voler solo lucidare l’ammaccatura con un arnese che si era portato appresso. «Non ci ho visto più e gli ho tirato uno schiaffo», avrebbe detto l’indagato che al primo schiaffo ne ha fatti seguire altri tanto da costringere il manduriano a rifugiarsi in un bar e a chiamare la polizia. L’arrivo degli agenti del locale commissariato poi avevano fatto finire tutto con la denuncia dei due aggressori e il loro fermo con la misura cautelare degli arresti domiciliari disposti dal pubblico ministero Remo Epifani. Scarcia e Camardi restano indagati per il reato di tentata estorsione e lesioni personali.
Nazareno Dinoi
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