
La Corte di Cassazione ha condannato definitivamente per il reato di violenza privata una manduriana di 60 anni che aveva impedito ai condomini di una palazzina l’accesso al locale dove è ubicata la cisterna dell’acqua. La donna, A.M. le sue iniziali, aveva presentato ricorso contro la condanna di secondo grado ma i giudici romani hanno respinto la richiesta confermando la pena emessa dal primo e secondo grado di giudizio. L’appello si era concluso a novembre dello scorso anno
Secondo l'ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l'imputata, con violenza - avendo sostituito arbitrariamente la serratura del locale della palazzina dove è ubicata la cisterna dell'acqua - avrebbe impedito ad una coppia di condomini, L.M. e P.S, sempre di Manduria, di poter usufruire liberamente della risorsa idrica.
L’imputata aveva obiettato che nella sua proprietà era semplicemente costituita una servitù per prelevare acqua, a mezzo di apposita conduttura e che i due condomini non avevano alcun diritto di accedere nella sua abitazione dove si trovava anche la cisterna, ma solo di prelevare acqua a mezzo di apposita conduttura. La chiave del locale era stata data alla coppia per accudire la madre che era deceduta ormai da anni e non per accedere all'abitazione dell'imputata ove si trovava anche la cisterna.
Per la Corte di Cassazione la ricostruzione dei giudici dell’appello era stata coerente con quanto accaduto e la pena inflitta era quindi adeguata. Rigettando il ricorso gli ermellini hanno reso definitiva la condanna per violenza privata condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla sanzione pecuniaria di tremila euro.
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2 commenti
Realtà
mer 27 settembre 12:17 rispondi a RealtàCome mai in questo caso non si dice chi è l avvocatu ?
Egidio Pertoso
mar 26 settembre 07:52 rispondi a Egidio PertosoQuesto è niente. Chissà cosa succederà quando, come si vocifera, la Regione si sbarazzera' dell' Acquedotto Pugliese, nostro, consegnando la gestione dell' acqua nelle mani dei privati!