
Tortura, sequestro di persona, rapina, lesioni personali e persecuzione della donna con cui conviveva. Di questi reati è stato ritenuto colpevole G.M., un manduriano di 44 anni condannato a 4 anni e 10 mesi di carcere. La pena gli è stata inflitta ieri dal giudice delle udienze preliminari, Francesco Maccagnano al termine del processo svolto con il rito abbreviato. L’uomo che è stato difeso dall’avvocato Lorenzo Bullo, era stato arrestato ad ottobre scorso dopo la denuncia della sua compagna che agli agenti della polizia di Stato del locale commissariato aveva raccontato di essere stata sequestrata in casa per circa un’ora e mezza dall’imputato che l’aveva picchiata con schiaffi in pieno volto e sulle orecchie e sferrato calci sui fianchi.
Quello denunciato dalla donna, anche lei manduriana, sarebbe stato uno dei tanti episodi di violenza subiti dal compagno prima di decidere di raccontare tutto alla polizia. Per questo il 44enne con precedenti di violenze su un'altra donna, era stato arrestato su ordine del gip Benedetto Ruberto che aveva accolto la richiesta del pubblico ministero Francesco Ciardo.
Nel corso del processo concluso ieri con la condanna (il pubblico ministero Natale aveva chiesto 8 anni di reclusione), sono emersi i particolari dei racconti dettagliati della donna con la quale l’indagato aveva intrapreso una relazione sentimentale complicata. Una convivenza turbolenta durata pochi mesi sino all’ultimo episodio in cui la vittima sarebbe stata sequestrata dall’uomo che ospitava in casa non avendo quest’ultimo una fissa dimora.
Dalle deposizioni della giovane l’uomo le avrebbe impedito di lasciare l’appartamento strappandole i vestiti, schiaffeggiandola fino a stordirla, strappandole ciocche di capelli, insultandola e minacciandola di morte. Particolarmente inquietante un particolare raccontato nella denuncia che sarebbe avvenuto in quegli interminabili minuti di sequestrata in casa. A suo dire, il 44 enne con un coltello si sarebbe procurato un taglio sul palmo di una mano per farla sanguinare e imbrattare con il sangue il viso e gli occhi della donna. Quella ferita, ha raccontato sempre la donna, sarebbe servita al suo aggressore per accusarla di essere stata lei a ferirlo e farla così passare da vittima a carnefice.
La stessa sera dell’aggressione denunciata, una pattuglia della polizia di Stato del locale commissariato si era recata a casa della coppia allertata dai vicini preoccupati dalle urla che provenivano dall’appartamento. In effetti gli agenti sorprendevano i due al culmine di una violenta lite e con la donna che presentava un graffio sulla fronte ma che si rifiutava di presentare denuncia. Cosa che ha poi fatto dopo l’ultimo episodio in cui ha avuto paura di morire. A sua difesa l’imputato ha smentito ogni cosa dicendosi a sua volta vittima di violenze.
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1 commento
Di noi marco
sab 9 dicembre 2023 12:36 rispondi a Di noi marcoStranamente, nessuna/o , contesta la sentenza assurda Femmine e maschi, buoni solo nel protestare quando ci scappa il morto.