
BARI — La fuga di notizie e la chiusura a riccio sono state un tutt’uno. Perché -è comprensibile -di questi tempi parlare degli stipendi dei politici non è facile, mentre si chiedono sacrifici agli italiani. Ebbene: un gruppo di consiglieri regionali ha chiesto la restituzione delle somme decurtate nella scorsa legislatura dalla loro busta paga. Quella diminuzione fu decisa in forza di una legge anata dalla Corte costituzionale. Dunque, sostengono i richiedenti, è da considerare illegittima e le somme decurtate vanno restituite. La questione potrebbe avere un fondamento giuridico. E, nel caso la tesi fosse accettata, anche una conseguenza considerevole sulle casse del Consiglio: una tegola da o 5 milioni. Il presidente dell’Assemblea Onofrio Introna, interpellato sul punto, ha risposto che «l’ufficio di presidenza opporrà il proprio rifiuto, e se qualcuno non sarà soddisfatto della risposta, si potrà rivolgere al Tar» . Una replica che sembra chiudere la vicenda solo sul piano politico (ammesso che la chiuda). Sul piano amministrativo, il tema resta intatto: perché la parola andrebbe ai giudici. A scrivere all’ufficio di presidenza, circa due mesi fa, sono stati un paio di consiglieri non rieletti: Luigi Loperfido e Enrico Santaniello (entrambi di centrodestra). A loro se ne sono aggiunti altri: di ogni schieramento, alcuni rieletti e altri non riconfermati. Quella di cui si parla è la Finanziaria statale per il 2006. Impose ai Consigli regionali la decurtazione del 10%della «indennità» (ossia la metà della busta paga, cui si aggiunge in Puglia un cospicuo rimborso, per un netto totale che arriva anche a diecimila euro). Quella legge, impugnata dalla Campania e dalla Toscana, è stata anata dalla Consulta nel 2007, sulla base del fatto che la competenza fosse regionale e non statale. Ma il Consiglio pugliese non tenne conto dell’anamento e continuò ad applicare la decurtazione (assieme ad un precedente taglio di pari importo deciso un anno prima, autonomamente, dall’ufficio di presidenza). A distanza di qualche anno alcuni scafati consiglieri di lungo corso ancora in carica si sono attivati e hanno suggerito ai colleghi che fare. E ciò anche per evitare che nel frattempo scorrano i cinque anni di prescrizione entro i quali rivendicare le spettanze. In sintesi: ogni consigliere (più di una decina le istanze finora arrivate) ha chiesto rimborsi per 63mila euro. A cascata arriverà, si intende, la rivalutazione del vitalizio per chi è già in «pensione» . Se si moltiplica la cifra per ciascuno dei 70 consiglieri in carica nella scorsa legislatura la tegola sarebbe pari a 4,4 milioni. La norma anata dalla Corte è stata applicata per tutto il 2010, quindi anche a sette mesi della nuova legislatura, fino a che non è intervenuta un’altra disposizione statale che taglia le indennità (ma questa non è stata impugnata dalle Regioni). Dunque: se anche gli attuali 70 consiglieri chiedessero la restituzione delle somme per i sette mesi del 2010, si avrebbe un ulteriore esborso non inferiore ai 500mila euro. Alcuni consiglieri si sono già chiamati fuori, come Antonio Decaro (neo eletto) o Guglielo Minervini (rieletto), entrambi Pd: «Non faremo alcuna richiesta, tanto meno rivolgerci al Tar» . Ma la questione è aperta. Introna, nella lettera con cui ha risposto alle istanze ha replicato che la vicenda è «delicata» e merita l’approfondimento della giunta. E il leader del Pdl, Rocco Palese, spiega che dopo il decreto legge del governo sulla manovra (che «rafforza» l’obbligo a rispettare le sentenza della Consulta), non resta che una strada: «L’ufficio di presidenza -dice Palese non può che prendere atto della sentenza. E restituire le somme, poi ognuno deciderà che fare con quei soldi» .
Le foto
Francesco Strippoli sul Corriere del Mezzogiorno
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1 commento
Tonino Roberto
mer 13 luglio 2011 11:41 rispondi a Tonino RobertoGRRRRRRRRRRRRRRRRRR!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! posa l'osso.