
Una vicenda amministrativa che potrebbe sollevare più di una perplessità si è verificata nei giorni scorsi a Manduria, dove una società locale, assistita da uno studio commerciale del posto, avrebbe versato, lo scorso 28 febbraio 2025, l’Imu relativa all’anno 2019 ricorrendo al meccanismo del ravvedimento operoso. Secondo quanto riferito, il pagamento sarebbe avvenuto prima che la stessa società ricevesse qualsiasi notifica formale di accertamento, condizione essenziale affinché il ravvedimento risulti valido.
Nonostante ciò, il 3 aprile scorso, la società avrebbe ricevuto un avviso di accertamento per la medesima imposta, con l’applicazione di sanzioni piene, come se il ravvedimento non fosse mai stato effettuato. A una prima richiesta di annullamento, il Comune avrebbe risposto in modo sommario, affermando che quanto versato sarebbe stato trattenuto come acconto, senza però fornire una motivazione dettagliata, come la legge prevede.
Da ulteriori verifiche sarebbe emerso che l’atto era stato firmato il 12 dicembre 2024, spedito il 24 dicembre, ma consegnato solo il 3 aprile 2025, cioè dopo il versamento effettuato con ravvedimento. A norma di legge, ciò che rileva per escludere la possibilità di ravvedimento non sarebbe la spedizione dell’atto, ma la notifica effettiva al contribuente.
Una seconda istanza, più dettagliata e corredata di riferimenti normativi e tracciamenti postali, sarebbe stata inviata alla struttura comunale, ma anche in questo caso la risposta – arrivata solo 15 giorni dopo – sarebbe stata negativa. A quel punto, i rappresentanti della società si sarebbero visti costretti a predisporre un ricorso alla Commissione Tributaria, notificato via PEC al Comune il 19 maggio.
Solo una settimana dopo, il 26 maggio, il Comune – attraverso lo stesso funzionario che aveva rigettato le precedenti richieste – avrebbe proceduto all’annullamento d’ufficio dell’atto di accertamento. Le motivazioni di questo repentino cambio di rotta non sono state rese note, ma secondo chi ha seguito la vicenda, potrebbe essere stato determinante il contenuto del ricorso, che avrebbe evidenziato una violazione delle norme vigenti in materia di ravvedimento e notifica.
Resta ora aperta la questione del possibile rimborso delle spese sostenute dalla società, tra cui il contributo unificato e l’onorario del professionista. L’importo complessivo contestato nell’avviso era superiore ai 60.000 euro.
Chi ha segnalato il caso alla redazione, chiedendo di restare anonimo, afferma che la vicenda pone interrogativi più ampi: in caso di errore da parte dell’Amministrazione, a chi spetta rispondere economicamente? Al Comune, e quindi alla collettività, o al funzionario responsabile della gestione del procedimento?
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2 commenti
Mariangela
mer 28 maggio 10:28 rispondi a MariangelaNel privato vieni licenziato con rimborso del danno. Mentre nella pubblica amministrazione vieni definito un genio e percepisce oltre lo stipendio anche premi.Chi paga?Paga Pantalone (IL CITTADINO)
Lorenzo Libertà per la Marina
mer 28 maggio 07:27 rispondi a Lorenzo Libertà per la MarinaPotrebbero fare la stessa cosa con la tassa rifiuti. Hanno questo sistema nonostante hai pagato il dovuto? Potrebbero non restituire i soldi versati ma non dovuti? Poi non lamentiamoci se si potrebbe chiamare tali metodi similar/ estorsivi, utilizzando il potere della pubblica amministrazione? Ma soprattutto poco attenti alle residenze fittizie al fine di non pagare il dovuto? Si fanno gli accertamenti? 🤔 Ma si a fine anno premio produzione 👋👋👋👋 Considerazioni, domande che rimarranno inevase nonostante i protocolli? Opinioni