
Nonostante non sia mai stato condannato in via definitiva, un uomo di Manduria non potrà più detenere armi da fuoco, nemmeno per uso venatorio. Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale di Lecce, che ha respinto il ricorso presentato dal cittadino manduriano, appassionato di caccia, contro il diniego della Questura di Taranto al rinnovo del porto d’armi.
La vicenda affonda le radici nel 2011, quando l’uomo si vide negare per la prima volta il rinnovo della licenza di porto di fucile da caccia. Dopo quasi dieci anni, nel 2020, lo stesso aveva provato a riaprire la questione, chiedendo in autotutela la revoca del provvedimento. Ma la risposta della Questura fu netta: chi ha manifestato comportamenti incompatibili con l’affidabilità richiesta dalla legge non può ottenere il porto d’armi.
Difeso dall’avvocato Riccardo Giurano, il manduriano aveva deciso di rivolgersi al Tar. Tuttavia, i giudici amministrativi hanno ritenuto inammissibili per tardività le impugnazioni relative agli atti del 2011 e del 2013, e infondato nel merito il ricorso contro il rigetto del 2020.
Il nodo cruciale della decisione è stato il comportamento dell’uomo nell’ambito familiare, giudicato dalla Corte “indicativo di una personalità incapace di gestire i conflitti e i propri impulsi”. Pur in assenza di condanne definitive – tutti i procedimenti penali si erano chiusi con remissione di querela – il curriculum negativo dell’uomo ha avuto un peso determinante.
Il tribunale ha infatti passato in rassegna una lunga serie di denunce a carico del manduriano: nel 2004 dalla ex moglie per minacce, lesioni e diffamazione; nel 2008 per presunti maltrattamenti nei confronti della figlia minore; e nel 2009 per un episodio di violenza domestica ai danni dell’attuale compagna, la quale aveva riportato lesioni accertate dal pronto soccorso dell’ospedale Marianna Giannuzzi di Manduria.
Nonostante tutte le denunce siano state successivamente archiviate per remissione di querela, per il Tar questo non basta a riabilitare l’affidabilità del soggetto. Anzi, si legge nella sentenza che “la remissione della querela e l’archiviazione di un procedimento penale non impediscono all’autorità amministrativa di valutare la gravità dei comportamenti emersi e non ne annullano la rilevanza fattuale”.
La licenza di porto d’armi – hanno ribadito i giudici – non è un diritto soggettivo, ma una concessione eccezionale, che richiede requisiti stringenti in termini di affidabilità e autocontrollo. In questo caso, la reiterazione di episodi violenti all’interno del contesto familiare è stata considerata incompatibile con la possibilità di detenere un’arma, anche solo per fini sportivi o di caccia.
Il ricorso è stato dunque respinto, confermando la piena legittimità degli atti adottati dalla Questura e dalla Prefettura di Taranto. Con questa decisione, il Tar rafforza un principio cardine del nostro ordinamento: la sicurezza pubblica ha priorità assoluta, e chi ha mostrato segni di aggressività o comportamenti violenti – anche in assenza di condanne – non può essere ritenuto affidabile per il possesso di armi.
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