
Si sono svolti ieri, in forma strettamente riservata e senza manifesti funebri, i funerali di Assunta Mele, l’anziana di 81 anni trovata morta mercoledì scorso nella sua abitazione di via Maruggio a Manduria. La cerimonia si è tenuta nella chiesa di San Biagio a Galatina, su decisione del figlio che vive lì da anni, dopo che la salma era stata restituita alla famiglia con il nulla osta della magistratura.
Il pubblico ministero Filomena Di Tursi, che aveva aperto un fascicolo senza indagati, ha ritenuto non più necessaria l’autopsia. E’ stato quindi sufficiente il parere del medico legale intervenuto per la constatazione del decesso e che ha certificato la morte per cause naturali.
Dietro la tristissima notizia si cela una vicenda umana dolorosa e complessa. Assunta Mele viveva da anni con la figlia di 53 anni, affetta da disturbi psichici, che avrebbe vegliato in casa il corpo della madre per almeno cinque giorni prima dell’intervento dei carabinieri. La donna è ora ricoverata nel reparto psichiatrico dell’ospedale “Moscati” di Taranto, in attesa di trasferimento in una struttura più adatta.
A lanciare l’allarme era stato il fruttivendolo del quartiere, Paolo insospettito dalla prolungata assenza dell’anziana. Alla sua richiesta di informazioni, la figlia aveva risposto che la madre “stava bene”. Solo l’intervento delle forze dell’ordine, mandati dal fruttivendolo a controllare, ha permesso di scoprire la drammatica realtà: l’appartamento era senza energia elettrica, non c’era traccia di cibo, era allagato per una perdita d’acqua in cucina, e la salma in avanzato stato di decomposizione giaceva nella camera da letto.
Una famiglia spezzata dal dolore
La storia delle due donne è segnata da lutti e abbandoni. Nel 1984 un tragico incidente stradale portò via il figlio di Assunta e una giovane ragazza che era con lui. Pochi mesi dopo morì anche il marito della donna, maresciallo dei carabinieri. Da allora, madre e figlia rimasero sole, eccezion fatta per un altro figlio che nel tempo si trasferì nel leccese. Secondo chi le conosceva, da quel momento la salute mentale della figlia subì un crollo. Col passare degli anni, la donna divenne una figura familiare nel quartiere, spesso vista camminare per strada anche d’inverno, avvolta soltanto in un lenzuolo bianco, con lo sguardo assente.
Assunta, rimasta sola, ha affrontato per decenni il peso del doppio lutto e della malattia della figlia, cercando di proteggerla e accudirla fino all’ultimo giorno della sua vita. Un’esistenza silenziosa e durissima, conclusa in solitudine e degrado.
Un caso che interroga tutti
La vicenda ha scosso la comunità e sollevato interrogativi urgenti sul tema della solitudine e dell’abbandono, soprattutto quando a esserne vittime sono le persone più fragili. Se da un lato il capitolo giudiziario sembra chiuso, dall’altro resta aperta una ferita sociale che interpella istituzioni, famiglie e servizi di assistenza. Una storia che non può e non dovrebbe passare sotto silenzio.
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2 commenti
Marco
oggi, mar 8 luglio 10:17 rispondi a MarcoQuesta storia è peggio del 41 bis...
Cittadino illustre
oggi, mar 8 luglio 09:38 rispondi a Cittadino illustreSi accusano i servizi sociali di Manduria che forse avrebbero potuto fare qualcosa.....ma vogliamo parlare del figlio anche?