Sabato, 12 Luglio 2025

Giudiziaria

La controperizia della difesa punta il dito contro le scelte dei medici. E lancia sul tavolo una lettura diversa della morte di Antonio Cosimo Stano. Ribaltando quella del consulente del pubblico ministero...

Orfanelli, la controperizia getta ombre sui chirurghi

Antonio Stano Antonio Stano | © Google

La controperizia della difesa punta il dito contro le scelte dei medici. E lancia sul tavolo una lettura diversa della morte di Antonio Cosimo Stano. Ribaltando quella del consulente del pubblico ministero, il medico legale Liliana Innamorato, e escludendo le angherie subite per anni dall’anziano manduriano, dalle potenziali cause scatenanti della morte, avvenuta lo scorso 23 aprile nell’ospedale di Manduria, per le conseguenze di un’ulcera perforata.

È battaglia a colpi di perizie mediche nel procedimento che punta i riflettori sulla gang degli “orfanelli”, due maggiorenni e undici minorenni manduriani, finiti nell’occhio del ciclone per gli sconcertanti raid e i pestaggi contro l’anziano disabile.

Una storiaccia che allo stesso tempo ha commosso e sconvolto l’Italia. Perché i video delle aggressioni, registrati con il cellulare dagli stessi ragazzi finiti sotto accusa, hanno consegnato un quadro di malvagità avvilente. Una vera e propria galleria degli orrori scandita dalle botte e dagli insulti, ma anche dalle urla di disperazione e dalle vane richieste di aiuto di Stano, perseguitato e chiamato da tutti “Antonio lu pacciu”.

La vicenda ora viaggia a grandi passi verso il primo passaggio in aula.

Sulle modalità da seguire, però, i difensori degli indagati finiti nel mirino della procura ordinaria e di quella minorile intendono dare battaglia a tutto campo. Ed hanno chiesto il rito abbreviato, condizionato all’ingresso negli atti proprio della perizia affidata ai due consulenti, Rosario Sacco, ordinario di clinica chirurgica dell’Università di Catanzaro, e Massimo Brunetti, specialista in medicina legale.

La coppia di specialisti nominata dal collegio di difesa (composto dagli avvocati Antonio Carbone, Franz Pesare, Armando Pasanisi, Cosimo Micera, Nicola Marseglia, Davide Parlatano, Lorenzo Bullo, Daniele Capogrosso, Antonio Liagi, Pier Giovanni Lupo, Gaetano Vitale e Dario Blandamura) nelle quarantasei pagine della relazione ripercorre gli ultimi giorni di vita di Antonio Stano, trascorsi tutti in ospedale. Una lunga degenza partita il 6 aprile, quando il 65enne manduriano venne soccorso nella sua abitazione, più volte violata dagli indagati per aggredirlo, e finita il 24 aprile, con la morte del povero Stano. In mezzo tre interventi chirurgici che i due consulenti della difesa bocciano senza appello. «In coerenza con i dati della letteratura e le linee guida attualmente accettate - spiegano i due professionisti - è ragionevole ritenere che i tre interventi chirurgici avvenuti in successione, il 16 aprile, il 19 aprile, e il 20 aprile, siano stati certamente non solo inutili ma fondamentale dannosi ed abbiano contribuito in modo significativo all’evoluzione infausta del caso». Conclusione in netta contrapposizione con quella della dottoressa Liliano Innamorato, consulente della procura, che invece aveva posto in relazione le aggressioni «con la comparsa o l’aggravamento della patologia» che ha portato alla morte del povero Stano. Due verdetti contrastanti sui quali si gioca buona parte della vicenda processuale. Con i legali che puntano ad alleggerire le responsabilità dei minorenni, finiti a lungo in cella sotto il peso di contestazioni che, in larga parte, hanno contribuito a costruire proprio con quei video che si scambiavamo nell’oramai tristemente nota chat degli “orfanelli”. Immagini che testimoniano le angherie inflitte allo sfortunato anziano, costretto a rinchiudersi nella sua abitazione per tentare di sfuggire ai suoi persecutori. Un incubo dal quale nessuno lo ha liberato. Nonostante le sue urla che risuonavano nel silenzio delle notti di Manduria. Richieste di aiuto rimaste senza risposta.

Mario Diliberto

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