
Il pentito di mafia manduriano, Massimo Cinieri, sarà processato con il rito abbreviato per un omicidio che avrebbe commesso 35 anni fa. La giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Lecce, Giulia Proto, che ha accolto la richiesta di rito alternativo avanzata dall’imputato difeso dagli avvocati Nicola Marseglia e Cosimo Romano, ha fissato la prossima udienza per il prossimo 17 settembre. L’abbreviato permetterà a Cinieri, in caso di condanna, di usufruire dello sconto di un terzo della pena prevista e non permetterà il dibattimento e né l’introduzione di nuovi elementi nel processo.
Il manduriano, ora 56enne, deve rispondere dell’uccisione dell’imprenditore di San Giorgio Ionica, Gaetano Fina, freddato l’11 luglio del 1989 nel suo comune di residenza da due sicari venuti da Manduria, tra cui, secondo l’accusa e secondo la stessa ammissione del pentito, “Massimino molletta”, come l’imputato era conosciuto negli ambienti della malavita organizzata di cui divenne capo di una sanguinosa frangia che dominava il versante orientale della provincia di Taranto e parte del brindisino con ramificazioni anche all’estero.
A chiedere il rinvio a giudizio di Cinieri per quel lontano delitto, è stato il procuratore aggiunto della Dda di Lecce, Guglielmo Cataldi, lo stesso che nel 2001 raccolse le prime dichiarazioni di corresponsabilità di “molletta”, da allora sottoposto ad un programma di protezione riservato ai pentiti di mafia.
L’esecuzione per la quale è ora chiamato a rispondere Cinieri, avrebbe avuto origine dagli interessi su alcuni grossi appalti da parte della criminalità organizzata. La vittima era titolare di una ditta di scavi e movimento terra che avrebbe pagato con la vita l’aver messo le mani su alcuni lavori che interessavano ad amici del clan dominante su quel territorio di San Giorgio Ionico.
Secondo la ricostruzione del delitto, fatta all’epoca dai carabinieri della compagnia di Martina Franca, poco dopo le tredici dell’11 luglio del 1989, in una strada in pieno centro urbano di San Giorgio Ionico, una Fiat Uno di colore blu con a bordo due persone si avvicinò all’auto guidata dall’imprenditore Fina. Uno dei due killer scese dalla macchina e freddò la vittima esplodendogli contro quattro colpi di pistola calibro 38 a canna lunga, poi salì sull’auto che si allontanò in direzione Monteiasi.
Nelle confessioni fiume risalenti al suo pentimento, Cinieri ammise anche questo delitto e alla domanda del pubblico ministero Cataldi sul motivo, “Massimino” rispose: «per problemi di appalti».
La prima conferma sull’appartenenza di Cinieri alla sacra corona unita con il ruolo di «luogotenente» per la zona di Manduria, Sava ed altri centri della fascia orientale di Taranto, risale al 5 giugno del 1995 quando i carabinieri di Francavilla Fontana vennero in possesso di una «sfoglia» (pizzino) che autorizzava il destinatario a «farsi un movimento di Santa» (rito di affiliazione alla scu), inserendo tra i mittenti i nomi di Pino Rogoli, Massimo Cinieri, Massimo Pasimeni e Antonio Vitale, il primo fondatore insieme all’altro manduriano Vincenzo Stranieri e gli ultimi due come capibastone della quarta mafia nel brindisino.
Nazareno Dinoi
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1 commento
Marco
mar 6 febbraio 2024 06:34 rispondi a MarcoChissà se negli USA, con la PENA di MORTE, succedono queste cose... 🧟♂️ Chi vuole lavorare e dare lavoro viene ucciso...