È attesa per oggi, martedì 12 febbraio, la decisione del giudice delle udienze preliminari del tribunale di Lecce, Giovanni Gallo, che si dovrà esprimere sulle richieste di condanna avanzate dal sostituto procuratore distrettuale antimafia, Milto Stefano De Nozza, nei confronti dei 57 imputati dell’inchiesta «Impresa» sul presunto intreccio mafia-politica che ha portato allo scioglimento del Comune di Manduria per infiltrazioni mafiose. Alla sbarra ci sono politici, imprenditori ed esponenti della malavita organizzata ritenuti affiliati ad una frangia tarantina della sacra corona unita operante nei comuni di Manduria, Sava e San Giorgio Ionico.
La pubblica accusa ha chiesto più di tre secoli di pena (330 anni e 3 mesi in tutto). Le pene più alte sono state chieste per Antonio Campeggio, detto “Tonino scippatore”, Daniele Lorusso, Giovanni Buccoliero conosciuto come “Peppolino Capone” e Franco D’Amore, ritenuti a capo dell’organizzazione ognuno nei rispettivi territori e con ruoli differenti. Per loro il pm chiesto, rispettivamente, 20 anni ai primi due, 18 e 16 anni di reclusione agli altri.
Ma i riflettori oggi saranno puntati soprattutto sui politici coinvolti, due quelli di Manduria, Nicola Dimonopoli e Massimiliano Rossano, ex presidente del Consiglio comunale il primo ed ex assessore il secondo. Per loro il pubblico ministero ha chiesto 4 anni al primo e 8 anni e 8 mesi al secondo, pene scontate di un terzo per il rito abbreviato scelto. Per l’altro amministratore pubblico coinvolto, il sindaco di Avetrana Antonio Minò, invece, l’accusa ha chiesto l’assoluzione per non avere commesso il fatto. Per altri due politici finiti nell’inchiesta, Giuseppe e Domenico Margheriti, sindaco e vicesindaco di Erchie, provincia di Brindisi, si dovrà attendere la decisione del tribunale brindisino dove la loro posizione è stata trasferita per competenza territoriale e perché è stata esclusa l’aggravante mafiosa.
Gli imputati devono rispondere a vario titolo di associazione mafiosa finalizzata alla gestione di attività illecite, quali le estorsioni, il riciclaggio di merce rubata, l’acquisizione diretta e indiretta di attività economiche, lo scambio elettorale-mafioso, e l’associazione finalizzata all’intestazione fittizia di attività economiche e al traffico di stupefacenti ma anche reati minori. Tra gli avvocati del folto collegio difensivo si ricordano Cosimo Micera, Antonio Liagi, Lorenzo Bullo, Franz Pesare, Nicola Marseglia, Michele Iaia, Fabio Falco, Salvatore Maggio, Armando Pasanisi, Fabrizio Lamanna.
Dei 71 indagati iniziali, solo in quattrodici hanno scelto il rito ordinario (tutti gli altri l’abbreviato) e cinque di questi sono stati rinviati a giudizio (Ferdinando Portogallo, Marcello Palmisano, Franco Spina, Erminio Vitiello e Vincenzo Magliulo). Per nove è stato deciso il non luogo a procedere: Luigi Blasi, Pietro Calò, Fernando D’Ambrogio, Paolo Lanzo, Pasquale Locorotondo, Arnaldo Marinelli, Giuseppe Mazza, Luigi Morgante e Giovanni Stano.
Nazareno Dinoi
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