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TARANTO — La gola profonda che sta svelando i presunti intrecci tra mafia, politica, imprenditoria e mondo delle professioni a Taranto, fa tremare la cosiddetta «Taranto-bene» con colletti bianchi già saliti alla ribalta del malaffare ma anche insospettabili professionisti.
Scorrendo i verbali delle deposizioni rese dal collaborante Mario Babuscio al pm dell'antimafia di Lecce, Lino Giorgio Bruno, si legge ad esempio il nome di Armando Parnasso, il noto faccendiere coinvolto nel grande scandalo delle tangenti miliardarie nella sanità jonica. Il fondatore della «Global by Flight» (società che gestiva quasi tutti gli appalti nella Asl di Taranto), avrebbe avuto, secondo quanto racconta Babuscio, rapporti con elementi del clan di Giuseppe Florio ai quali versava regolarmente il pizzo. «Parnasso, anch'egli presentato al Cicala da Beppe Florio (Michele Cicala era affiliato al clan Florio) - racconta il collaborante - si era rifiutato, dopo il pagamento di una prima tangente di ventimila euro, di corrispondere al Cicala ulteriori importi a titolo di estorsione». L'imprenditore tarantino pagò questo rifiuto, rivela sempre Babuscio, con un «attentato esplosivo in danno dell'impianto sportivo denominato Magna Grecia». Tra gli insospettabili nominati dal collaboratore c'è anche un farmacista tarantino che non è indagato e che avrebbe condiviso la quota societaria di un'attività lecita con il boss Beppe Florio e con il conosciutissimo avvocato penalista tarantino, Mimmo Greco, parente del farmacista, lui sì indagato con altri undici. Molto circostanziate, infine, le accuse (tutte ancora da verificare) che Babuscio indirizza al consigliere regionale del Pdl e vice coordinatore pugliese del partito, Gianfranco Chiarelli, nonché avvocato specialista in diritto penale. «Nel rione Salinella e in altre zone della provincia - racconta il pregiudicato nel suo verbale del 12 novembre -, ho svolto attività di sostegno elettorale per la candidatura di Chiarelli. Ricevetti da Ernesto Spezio (pregiudicato, cliente del candidato, nda), per conto di Chiarelli, la somma di diecimila euro in contanti. L'esponente del Pdl rivendica in un comunicato la sua «completa estraneità ai fatti». «Mi sconcerta però il fatto - scrive - che in uno stato di diritto possa accadere che, prima ancora della verifica delle scarse dichiarazioni rese da un presunto collaboratore di giustizia, sia stato vittima di una crudele campagna denigratoria e che addirittura la vicenda, da parte di alcuni media, sia stata completamente stravolta». Chiarelli precisa «che mi è stato notificato solo una richiesta di incidente probatorio. Presumo quindi che la stessa pubblica accusa abbia sentito la necessità di demandare al giudice la verifica sull'attendibilità del dichiarante».
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno
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