
La foto di tre caprette tranquille e ignare immortalate da una turista sul balcone dell’antica abbazia benedettina affacciata sulla piazza-parcheggio di San Pietro in Bevagna, riporta all’attenzione dell’opinione pubblica un nodo mai sciolto: di chi è, davvero il rudere pericolante che domina la località balneare di Manduria?
Una vicenda iniziata nel 2016
Le ultime notizie certe risalgono al 2016, quando un’ordinanza del Comune di Manduria intimò ai presunti proprietari della struttura di intervenire con urgenza per mettere in sicurezza il fabbricato, ormai in stato di abbandono. L’atto comunale indicava quattro proprietari:
- la diocesi di Oria,
- un cittadino di Manduria,
- un altro di Latiano (provincia di Brindisi),
- e uno di Acquasparta (in provincia di Terni, ma erroneamente attribuita a Trapani nel testo originale).
Sembrava un passo verso la riqualificazione, ma subito emerse un problema clamoroso: due dei quattro proprietari, il latianese e il cittadino di Acquasparta, dichiararono di non avere nulla a che fare con l’abbazia. Nessuna eredità, nessun atto di compravendita, nessun legame storico. A loro dire, si trattava di un errore catastale o amministrativo. I due minacciarono vie legali per difendersi dall’obbligo, previsto nell’ordinanza, di effettuare interventi costosi e impegnativi come puntellamenti, recinzioni, pulizia e consolidamento strutturale.
Un rebus mai chiarito
Il tecnico comunale aveva emesso l’ordinanza in seguito a sopralluoghi della polizia municipale (22 ottobre 2014 e 18 maggio 2016) e anche a una verifica dei vigili del fuoco che avevano definito l’edificio pericolante. In caso di inadempienza, i lavori sarebbero stati effettuati a spese del Comune, che si sarebbe poi rivalsa sui proprietari.
Ma con metà dei presunti proprietari che negavano ogni responsabilità, tutto si è bloccato. Neanche gli altri due soggetti – la diocesi di Oria e un imprenditore di Manduria – poterono dare seguito all’ordinanza: prima di agire, occorreva accertare l’effettiva titolarità dell’immobile, risolvendo il pasticcio burocratico.
Dal 2016 a oggi: nulla è cambiato
Oggi a nove anni da quella vicenda, nulla è cambiato. Il rudere resta senza recinzione, esposto agli agenti atmosferici, e – come documentato dalla recente foto virale delle caprette – facilmente accessibile anche agli animali (e ai turisti). L’area è tutt’altro che marginale: si tratta infatti di una zona turistica molto frequentata, soprattutto durante il periodo estivo grazie al mercato etnico che si tiene proprio ai piedi dell’edificio.
La Curia non ha mai fornito aggiornamenti pubblici sulla situazione, mentre dell’imprenditore manduriano non si conoscono più le mosse. Le autorità locali non sono intervenute né per chiarire la proprietà né per procedere con lavori di messa in sicurezza.
Un patrimonio storico che cade a pezzi
Oltre al rischio per l’incolumità pubblica, la vicenda dell’ex abbazia benedettina rappresenta una sconfitta culturale e istituzionale: un monumento ricco di storia, potenziale attrazione turistica e spirituale, è oggi ridotto a ricovero improvvisato per animali e simbolo di disinteresse istituzionale.
La foto delle tre caprette – ironica, malinconica e surreale – riaccende l’attenzione, ma anche l’amarezza: se ne parlerà ancora una volta, ma si farà qualcosa?
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