Mercoledì, 9 Luglio 2025

Attualità

Lei non aveva paura del marito. La coppia dopo il matrimonio si era trasferita da Manduria in Piemonte per lavoro

Femminicidio a Torino, anche l'omicida è di Manduria. I ricordi dei parenti di Angela

Angela Dargenio - Massimo Bianco Angela Dargenio - Massimo Bianco | © La Voce di Manduria

«Mi diceva di non aver paura perché con lei il marito non era stato mai violento e che non le avrebbe mai fatto del male». Quanto si sbagliava Angela Dargenio quando assicurava questo ad un suo cugino qualche settimana prima che quell'uomo «non violento» le scaricasse addosso la Smith & Wesson uccidendola sul pianerottolo di casa a Torino. Giuseppe Agnusdei, uno dei tanti parenti della vittima di femminicidio, ricorda quelle parole con un profondo senso di angoscia. «Ogni mattina ci mandavamo il buongiorno con WhatsApp e il suo ultimo buongiorno cuginone mi è arrivato proprio venerdì», ricorda il cugino che qualche mese fa, parlando con lei della separazione dal marito, si era preoccupato che non ci fossero tensioni tra i due. «Non ti preoccupare cugì, lui abita nel mio stesso palazzo ma è una persona tranquilla», aveva detto la donna. «Comunque se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamami che faccio intervenire i miei nipoti che vivono a Torino», aveva insistito Agnusdei prima di chiudere la telefonata. «Forse avrei dovuto insistere - dice oggi - ma mi sembrava molto serena e convinta di quello che diceva», ripete Agnusdei che non è l'unico a Manduria ad aver mantenuto rapporti a distanza con la parente che appena sposata aveva deciso con il marito, Massimo Bianco, anche lui manduriano, di trasferirsi a Torino per lavoro dove avevano cresciuto i loro due figli, Eleonora di 26 anni e un altro di sedici anni.

A Manduria vivono molti parenti, la madre, due sorelle e un fratello di lei e numerosi cugini; solo qualche cugino e due cognati lui che ha perso entrambi i genitori e due fratelli morti prematuramente. I suoi ex amici lo ricordano tutti come un «tipo introverso che tendeva ad isolarsi ma molto buono». «Sicuramente non uno che avrebbe potuto fare una cosa simile», dichiara uno che lo ha conosciuto bene quando faceva il muratore a Manduria. Lavoro che ha fatto anche a Torino nei primi anni del suo trasferimento prima di trovare il posto come guardia giurata nell'istituto di vigilanza che da poco lo aveva messo in cassa integrazione. La separazione dalla moglie non l'avrebbe presa bene ma il loro rapporto, forte anche della presenza dei due figli, era apparentemente tranquillo. Per non disperdere la famiglia, il vigilante aveva deciso di abitare in un appartamento situato al quinto piano della stessa palazzina dove su un altro piano abitava anche la figlia Eleonora con il suo compagno e un figlio molto piccolo. Il sedicenne, invece, viveva con la madre.

Sul movente del folle gesto ci sono solo ipotesi. Nel suo interrogatorio avvenuto negli uffici della questura torinese subito dopo l'omicidio, l'uomo, frastornato e in lacrime, avrebbe fatto accenno a un altro uomo e avrebbe parlato anche di discussioni avute con l'ex moglie relative ai soldi di mantenimento per i figli. Naturalmente niente potrà mai giustificare il delitto consumato sul pianerottolo di quel condominio dove il 50enne ha atteso l'arrivo della moglie che era andata a fare la spesa. Quando è arrivata, la donna ha preso l'ascensore sino al terzo piano dove all'uscita ha trovato il suo ex che l'ha freddata con cinque colpi della pistola d'ordinanza. «Marcisca in prigione per il male che ha fatto, che muoia da solo» - ha detto la figlia Eleonora uscendo dalla questura di Torino dove era stata portata per le formalità di rito.

Nazareno Dinoi

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