La Corte di Cassazione ha rimesso in piedi, dal punto di vista civilistico, la disputa giudiziaria tra due imprenditori del settore auto usate, uno di Sava e l’altro di Manduria, che si erano confrontati in un processo durato 8 anni intentato dal manduriano che accusava il concorrente savese di averlo diffamato parlando con un investigatore privato da lui assoldato che si era presentato nel salone savese fingendosi cliente. In quella occasione l’imprenditore di Sava aveva detto a quell’interlocutore che il suo competitor era stato condannato per avere evaso il fisco male interpretando una notizia di giornale che dava invece conto del rinvio a giudizio dello stesso per i medesimi reati (poi prosciolti per avvenuta prescrizione).
Querelato per questo, il rivenditore d’auto savese era stato condannato in primo grado e assolto in appello con la formula piena del “fatto non sussiste”. I giudici della Cassazione hanno invece annullato la sentenza di assoluzione e, essendo il reato penale di diffamazione prescritto, hanno deciso di rinviare tutto ai giudici territoriali civili per un nuovo responso sulla eventuale configurazione del reato in sede civile.
Secondo la Corte suprema, il giudice d'appello che ha riformato la sentenza di condanna di primo grado, non ha offerto «una motivazione puntuale e adeguata che dia razionale giustificazione della difforme decisione adottata» e non avrebbe indicato «in maniera approfondita e diffusa gli argomenti, idonei a confutare le valutazioni del giudice di primo grado».
Vuoi commentare la notizia? Scorri la pagina giù per lasciare un tuo commento.
© Tutto il materiale pubblicato all’interno del sito www.lavocdimanduria.it è da intendersi protetto da copyright. E’ vietata la copia anche parziale senza autorizzazione.