La responsabilità dell’abbandono di rifiuti e la conseguente bonifica del sito interessato non ricadono in capo ai proprietari del fondo, se prima non se ne accerta l’effettiva responsabilità. Inoltre, ogni provvedimento amministrativo a riguardo è di competenza esclusiva del sindaco. Così si è pronunciato il Consiglio di Stato in sede di appello in relazione all'ordinanza del Comune di Manduria che imponeva ad alcuni cittadini, nella loro semplice qualità di proprietari catastali di un fondo, di bonificare il proprio terreno coperto da rifiuti pericolosi abbandonati da ignoti, imponendo agli stessi cittadini una pesante sanzione amministrativa.
La sentenza, curata per il cittadino dallo studio legale De Laurentis di Manduria, farà giurisprudenza e costituirà sicuramente un precedente significativo: si stabilisce infatti, che la Pubblica Amministrazione, prima di adottare ogni decisione, ha l’obbligo compiere un procedimento di istruttoria serio e completo per individuare gli effettivi responsabili del fatto contro i quali devono essere presi i dovuti provvedimenti.
La vicenda
La vicenda risale agli inizi degli anni 2000, quando un fondo rustico sito in località Archignano era stato promesso in vendita a Damiano Altavilla dai signori De Girolamo. Il contratto prevedeva l’immediata immissione in possesso di Altavilla, che aveva subito provveduto alle opere di sbiancamento e pulizia. Durante queste operazioni, il Corpo Forestale aveva posto sotto sequestro il terreno, nominandone custode giudiziario lo stesso possessore del fondo. Circa quattro anni dopo, nel 2007, ancora il Corpo Forestale comunicava al Comune di Manduria l’avvenuto abbandono di rifiuti sul fondo da parte di ignoti. Di conseguenza, l’ente comunale aveva subito diffidato Altavilla – custode giudiziario del sito - a rimuoverli. Nel 2010, il Comune di Manduria aveva informato i proprietari del terreno – al tempo ancora i signori De Girolamo, considerata l’impossibilità oggettiva di concludere l’atto di vendita – che nel fondo di Archignano erano stati rinvenuti plastica ed amianto (classificati come rifiuti pericolosi) e contestualmente aveva diffidato li stessi De Girolamo alla loro rimozione. Attraverso una nota al Comune di Manduria, i proprietari denunciavano di non avere alcuna responsabilità in merito allo sversamento delle scorie in questione, senza però che lo stesso Comune considerasse questa posizione o provvedesse ad accertare le effettive responsabilità. Ne conseguì l’ordinanza dell’Ufficio Tecnico comunale di “procedere alla rimozione, all’avvio a recupero e/o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi, nel perentorio termine di 60 gg. (sessanta) dalla data di notifica del presente atto”. Il provvedimento fu subito impugnato al Tar di Lecce dagli stessi De Girolamo.
Le motivazioni del ricorso al tribunale amministrativo riguardavano essenzialmente due questioni: una di merito, in quanto i ricorrenti assumevano di fronte al Tar che il provvedimento in questione fosse di competenza esclusiva del sindaco e non – come di fatto era avvenuto – dell’Ufficio Tecnico; e l’altra di metodo, poiché il provvedimento sarebbe stato adottato con difetto di istruttoria e di motivazione, quanto all'accertamento dell'elemento soggettivo della colpa in capo ai proprietari non possessori del bene. Il Tar di Lecce aveva respinto il ricorso dei De Girolamo, i quali però convinti delle proprie ragioni e assistiti dai legali dello studio De Laurentis, hanno impugnato la sentenza ricorrendo in appello al Consiglio di Stato, il quale ha definitivamente accolto il ricorso posto le basi per un precedente significativo. Inoltre, la sentenza prevede la condanna dell’Amministrazione comunale di Manduria, nella persona del Sindaco pro tempore, al pagamento, in favore degli appellanti delle spese del doppio grado di giudizio.
Gianpiero D’amicis
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2 commenti
Walter
ven 27 novembre 2020 03:48 rispondi a WalterGiustizia è fatta Se ti stai il lupo ti mangia Sempre il debole viene colpito. Ma no questa volta
Lorenzo
ven 27 novembre 2020 03:40 rispondi a LorenzoBene la nuova giurisprudenza, tuttavia il proprietario di un suolo a cui ignoti lo inquinano con rifiuti, deve accorgersi e quindi denunciare alle autorità che, magari qualche gola profonda ha visto e così si può dar seguito ad indagini giudiziaria. Sbagliato tenere i terreni contaminati e stare zitti. Dall'altra parte l'A. C. a questo punto ha convenienza ad assumere due giovani laureati in scienze ambientali e farli diventare con apposito corso Nucleo Ecologico Ambientale, vista la vastità del territorio comunale, della Marina e delle aree protette e cominciare a prevenire i reati, prima che i danni da pagare si moltiplicano. Magari piccola sede a San Pietro. Consiglio sincero. P.s. Ovviamente senza giubbotti anti proiettile, semmai telecamere e foto trappole