Venerdì, 2 Maggio 2025

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Accorpamento province, si riparla di Grande Salento

Accorpamento province, si riparla di Grande Salento Accorpamento province, si riparla di Grande Salento | © n.c.I criteri decisi dal governo non lasciano scampo: nel calderone degli accorpamenti finirà anche la provincia di Lecce, oltre che quelle di Taranto e Brindisi. Le cifre parlano chiaro: affinché una provincia possa considerarsi “salva”, deve possedere due caratteristiche. Prima di tutto l’estensione: almeno tremila chilometri quadrati; in secondo luogo la popolazione: dai 350 mila abitanti in su. Con questi paletti, anche Lecce rientra nel novero delle amministrazioni da accorpare. Dando virtualmente vita a ciò che negli ultimi anni non era riuscito ai movimenti locali: la creazione della provincia (o regione) Grande Salento. Si tornerebbe così alla Terra d’Otranto, in vita fino ai primi anni del secolo scorso. Anche perché, contemporaneamente, Bari assumerebbe poteri maggiori, grazie alla trasformazione del relativo ente provinciale in città metropolitana. Al di là della rivoluzione nella geografia della Puglia, l’accorpamento delle province e il relativo depotenziamento in termini di competenze (secondo il decreto redatto dal governo, manterranno solo quelle ad ambiente, trasporti e viabilità) rischia di creare un vero e proprio terremoto nella vita dei cittadini. Anche alla luce del nuovo taglio nei trasferimenti dallo Stato: 500 milioni di euro a livello nazionale, che sul nostro territorio dovrebbero tradursi in mancate entrate per circa 12-15 milioni. L’orizzonte visto con gli occhi dei presidenti provinciali è cupo. Con una storia quasi centenaria alle spalle (la provincia di Lecce, così com’è ora vide la luce negli anni Venti; quella di Taranto, nel 1923; Brindisi quattro anni più tardi), le amministrazioni diventeranno presto enti di secondo livello e, tra tagli e competenze ridotte, si vedranno impossibilitate a garantire tutti i servizi che svolgono oggi, sia direttamente che attraverso un contributo: dal trasporto dei disabili al riscaldamento nelle scuole, dall’istituzione di corsi di formazione fino al sostegno ai poli universitari di Taranto e Brindisi che, se le cose dovessero rimanere così come sono, presto saranno costretti a chiudere. «Saranno praticamente sventrate», lamentano i presidenti. Senza contare che tutte le società partecipate potrebbero trovarsi nella condizione di dover mandare a casa i propri lavoratori. I tre presidenti non hanno accolto la riforma con piacere, tutt’altro. «Oggi non resta più a da tagliare, se non i servizi ai cittadini», aveva spiegato l’altro ieri Massimo Ferrarese, presidente della provincia di Brindisi. «A questo punto, le province diventano enti inutili. E a questo gioco al massacro io non ci sto. Nominassero dei commissari». La stessa rabbia era stata espressa da Gianni Florido, presidente della provincia di Taranto: «Invece di chiuderle con un procedimento legislativo, lasciano le province senza ossigeno. Nessuno vuole fare il liquidatore degli enti: se il governo ha deciso questo, mettesse dei commissari liquidatori. Parlo con molto rammarico - aveva concluso Florido - perché penso che si abolisce un livello di democrazia, a favore di tanti burocrati». E lo stesso concetto viene espresso dal loro omologo leccese, Antonio Gabellone. Il rischio, in sostanza, è che in mancanza di un ente forte che raccolga e coordini tutti i comuni, salterebbe quella concezione di difesa e promozione del territorio così com’è intesa oggi. E cambierebbe, di certo entro la fine di quest’anno, la mappa geo-politica regionale: sopravviverà la provincia di Foggia, cui verrà accorpata quella formata da Barletta, Andria e Trani; alla cancellazione della provincia di Bari farà da contraltare la trasformazione del capoluogo pugliese in città metropolitana; e il tacco d’Italia diventerà un unico ente. Ecco allora che non sono più in tanti, oggi, a storcere il naso sentendo parlare di Regione Salento. Alessandro Cellini su Quotidiano.it

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5 commenti

  • RexApulie
    mer 1 agosto 2012 11:29 rispondi a RexApulie

    Concordo con quanto detto dal Pietro Brunetti e confermo che proprio Taranto inverosimile come capoluogo del "Grande Salento" in quanto non si mai riconosciuta affine in nessuno dei territori del tacco pugliese manco fosse una regione a parte, probabilmente piu affine alla Basilicata.

  • leo
    lun 9 luglio 2012 04:55 rispondi a leo

    Antonio lo sanno tutti questa e'l'italia,poi ci sono gli uffici comunali, e ospedalieri.

  • Pietro Brunetti
    lun 9 luglio 2012 04:52 rispondi a Pietro Brunetti

    Personalmente, in un mio recente lavoro ( Sarah e ... la rivoluzione possibile ) avevo ipotizzato la soppressione di tutte le province per essere state finora istituti finalizzati alla spartizione del potere, con la conseguenza di dissolvere le responsabilit e accrescere gli sprechi. Diverso il discorso delle aree metropolitane, che mira alla gestione delle grandi citt. Il principio fondamentale quello della rivalutazione dei Comuni, cui compete il potere di gestire risorse, servizi e tributi. Importante sar anche una revisione delle regioni, che dovranno accorpare Comuni con storie e culture affini. In questo senso sar interessante la proposta di creare la regione Grande Salento, che dovrebbe accorpare tutto l'antico territorio messapico, a cominciare da Lizzano, Carosino, Grottaglie, Torricella Maruggio, Manduria, ecc. fino a comprendere tutta l'attuale provincia di Brindisi e di Lecce. Da notare che molte citt dell'attuale Salento,

  • Pietro Brunetti
    lun 9 luglio 2012 04:52 rispondi a Pietro Brunetti

    da Lizzano a Manduria ed Avetrana, sono state per decenni accorpate in maniera innaturale all'attuale provincia di Taranto,che ha tradizioni culturali e persino linguistiche completamente diverse dalle nostre.

  • antonio
    lun 9 luglio 2012 12:14 rispondi a antonio

    Le province sono enti inutili che sono serviti nel passato al clientelismo dei vari partiti che si sono succeduti. Sono stati sperperatie somme di denaro inutili che hanno accontetato solo i vari partiti con piccoli contentini che servivano da bacino di raccolta voti.Nelle province sono state assunte diverse figura professionali che dovevano solo portare voti ai diversi candidati. Nelle scuole superiori poi hanno trovato posto come applicati di segreteria, di bidelli e segretari solo con un incarico di assunzione a chiamata diretta senza concorso: anche questi hanno portato solo voti elettorali ai vari capizona. A questo punto giunta l'ora di chiudere questi carrozzoni che hanno creato solo un danno economico e favori per pochi eletti.

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