
Per un citofono rotto ha rischiato di tornare in carcere e di perdere il beneficio della pena alternativa dell’affidamento ai servizi sociali. È accaduto ad un cinquantunenne di San Giorgio Jonico, D.A, che dopo la denuncia ha dovuto affrontare un processo per provare che non si era mai spostato dal suo appartamento contrariamente a quanto avevano raccontato i carabinieri i quali, durante i controlli, non lo avrebbero trovato in casa. Difeso dall’avvocato Daniele Capogrosso, l’uomo ha riconquistato così la libertà condizionata che rischiava di perdere per colpa dell’elettronica.
Dai rapporti redatti dai militari della stazione di San Giorgio Jonico che avevano il compito di controllare il rispetto delle prescrizioni, il sorvegliato era risultato assente dal proprio domicilio in almeno due occasioni, sempre in tarda serata. In uno di questi controlli infruttuosi, i carabinieri avevano citofonato in piena notte (alle 2, alle 2,50 e alle 4,10), senza ricevere nessuna risposta. Motivo per cui lo avevano dichiarato assente e quindi destinatario di richiesta di revoca per inosservanza agli obblighi di legge.
Il suo caso è così finito davanti al Tribunale di sorveglianza di Taranto. La tesi difensiva ha sostenuto che il citofono condominiale fosse guasto già da tempo e che tale circostanza sarebbe stata nota non solo agli altri condomini (che non si decidevano a ripararlo), ma anche ai carabinieri perché, ha sostenuto la difesa, informati dell’inconveniente. L’imputato avrebbe anche comunicato alle forze dell’ordine il proprio numero di telefonino per essere meglio rintracciabile sapendo il difetto tecnico del citofono.
Molto hanno fatto ai fini del giudizio a suo favore, la relazione dei servizi sociali e del suo datore di lavoro. I primi hanno testimoniato il rispetto delle regole e dei ruoli e il mantenimento dei contatti con gli operatori. Dello stesso parere il titolare dell’azienda agricola dove il condannato svolge attività di bracciante. Durante le ore libere, inoltre, il cinquantunenne svolge attività di volontariato. Per tutto questo i giudici della sorveglianza (presidente Valeria Ingenito), hanno rigettato la richiesta di revoca della misura alternativa al carcere permettendo all’imputato di proseguire la messa alla prova sino all’estinzione della pena di cinque anni di reclusione inflitta dal tribunale penale che lo ha condannato per i reati di appropriazione indebita, furto, ricettazione, violazione di domicilio, insolvenza fraudolenta e truffa, tutti reati commessi nel 2014.
N.Din.
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