Reato prescritto per la presunta truffa sui bambini malati e assoluzione per violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione. Si è chiuso così, dopo 9 anni dalla chiusura delle indagini, il processo sui salvadanai per la falsa raccolta di denaro destinato a bambini affetti da gravi patologie il cui ricavato, secondo l’accusa, sarebbe andato in gran parte nelle tasche dei responsabili dell’associazione «Onlus Angeli azzurri» con sede a Lecce ma gestita da tre uomini e una donna di Taranto, Torricella e Sava. Difesi dagli avvocati Armando Pasanisi e Franz Pesare, in questo primo grado di giudizio i sei imputati escono puliti «perché il fatto non sussiste» e, per il reato associativo finalizzato alla truffa, con una prescrizione.
A capo dell’organizzazione e ideatore del presunto raggiro, stando agli atti dell’indagine dei finanzieri di Lecce e coordinata dalla procura salentina prima del passaggio per competenza a quella tarantina, sarebbe stato il 63enne di Torricella ma residente e Taranto, Cosimo De Padova, che con la complicità degli altri imputati avrebbe gestito la distribuzione e la raccolta dei salvadanai lucrando quasi mezzo milione di euro. Il sistema era semplice. Raccogliendo storie di piccoli pazienti che necessitavano di costose cure, incollavano la loro foto sui salvadanai che distribuivano nei locali pubblici di diverse regioni italiane. Peccato, però, secondo la guardia di finanza, che ai piccoli malati sarebbe andato solo il cinque per cento degli introiti. A fronte di oltre 500mila euro, calcolavano le Fiamme Gialle, gli organizzatori della raccolta avrebbero destinato alle famiglie dei piccoli malati solo 28mila euro in due anni, dal 2005 al 2008.
Per questo De Padova, già noto alle cronache giudiziarie, fu rinviato a giudizio con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata in qualità di presidente e tesoriere dell’associazione «Angeli azzurri». Con lui, con la stessa imputazione, finirono alla sbarra Maurizio Storace, 56 anni di Taranto, Gregorio De Padova, 36 anni di Sava e Beatrice Giannotta, savese, di 33 anni. Nel corso delle indagini gli investigatori portarono alla luce un sospetto giro di sfruttamento della prostituzione ed anche un presunto caso di violenza sessuale di gruppo. Per questo finirono sotto processo, oltre ai 4 imputati per la truffa dei salvadanai, Gaetano Leo, 38enne di Francavilla Fontana con Silvana Calò, 58enne di Sava. Nel corso del processo, i due difensori, Pasanisi e Pesare, avrebbero fatto emergere l’inattendibilità della presunta vittima che aveva denunciato la violenza sessuale. Anche per l’accusa di sfruttamento della prostituzione il Tribunale di Taranto ha accolto la tesi difensiva secondo cui gli imputati non erano a conoscenza dell’attività di meretricio che si svolgeva negli appartamenti di loro proprietà ceduti in locazione. Niente è stato possibile dire, infine, sull’associazione a delinquere finalizzata, per l’accusa, a lucrare sulla buona fede di tanti donatori che impietositi dalle storie di bambini malati riempivano i salvadanai-bancomat della onlus «Angeli azzurri».
Nazareno Dinoi
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