Sabato, 12 Luglio 2025

Attualità

Adriano Pasculli de Angelis, economista barese, espertissimo di politiche vitivinicole, già direttore del Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria Doc e Docg

Primitivo siciliano? La politica doveva fermarlo prima

Adriano Pasculli de Angelis Adriano Pasculli de Angelis | © La Voce di Manduria

«Nessuno può impedire ai siciliani di coltivare il Primitivo nella propria regione, o meglio, ci si poteva opporre ma molto tempo prima». Adriano Pasculli de Angelis, economista barese, espertissimo di politiche vitivinicole, già direttore del Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria Doc e Docg, interviene così nell’accesissimo dibattito che in questi giorni sta infiammando il mondo enoico pugliese allarmato dalla decisione dei siciliani di voler produrre nelle loro terre il famoso vitigno autoctono pugliese (manduriano soprattutto). «La nostra politica regionale che ora si mostra sorpresa – dice l’esperto –, ha avuto tempo per opporsi ma evidentemente non lo ha fatto».

In effetti, l’atto pubblico che introduce il vitigno di Primitivo tra le varietà impiantabili in Sicilia, porta la data del 9 agosto del 2019 (delibera di giunta Regione Sicilia 1733 che promuove la specialità pugliese per il suo «buon contenuto di antociani e tannini e che quindi potrà contribuire a migliorare la longevità dei vini siciliani»).

«I siciliani – spiega l’economista barese -, avranno condotto una sperimentazione sul campo durata diversi anni che avrà dimostrato l’idoneità del territorio alla coltivazione del Primitivo; questo ci sta, perché ogni varietà autoctona può essere coltivata in regioni diverse così come in Puglia, ad esempio, si produce il Barbera ed altre varietà non pugliesi».

Partita persa, dunque? «Niente affatto, la politica può fare ancora molto ed ora il timone passa nelle sue mani; in sede di conferenza Stato Regioni che su certi temi diventa una camera di compensazione, i pugliesi devono battere i pugni e strappare ai siciliani l’impegno ad utilizzare il loro Primitivo esclusivamente come vino da taglio e mai per proprie Doc o Igt (indicazione geografica tipica, NdR)».

Se non si ottiene questo, lascia intendere l’esperto, avendo la Puglia già ceduto quando era il momento di opporsi a quel decreto di agosto, è più che concreto il rischio per i produttori pugliesi del Primitivo, di avere in un prossimo futuro dei potenti avversari in quella calda terra isolana. L’analisi di Pasculli va ancora più a fondo nel problema. «Secondo me, i siciliani che hanno già un vino rosso forte pregiato come il Nero D’Avola, hanno bisogno di un vino rosso nazional popolare come il Primitivo per conquistare i mercati asiatici dove la loro etichetta principe, il Nero D’Avola appunto, è praticamente scomparsa». L’analisi di Pasculli detta quindi l’agenda al mondo politico, imprenditoriale e associativo pugliese impegnato in queste ad alzare le barricate attorno ad uno dei suoi prodotto di punta.

Uno spaccato si è avuto nel Consiglio regionale di ieri quando si è discusso un ordine del giorno sul tema, approvato a maggioranza, presentato dal consigliere manduriano, Luigi Morgante. «L'iniziativa della Regione siciliana, la principale competitor della Puglia in ambito nazionale ed internazionale – si legge sul punto -, appare un tentativo di appropriarsi indebitamente di una produzione vitivinicola così importante ignorandone la denominazione di origine, l'indicazione geografica, la tradizione e la qualità legata al territorio di provenienza, per un ritorno commerciale che penalizzerebbe pesantemente il comparto in Puglia».

Anche l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Mino Borraccino, tarantino, ha preso le parti del vitigno della sua terra parlando di «un grosso danno economico ai produttori pugliesi e alla nostra regione che soprattutto in questo momento storico non può permettersi di compromettere un’economia che vale circa 140 milioni di euro di fatturato all’anno».

Si registra la presa di posizione del sindaco di Sava, Dario Iaia, nella veste di coordinatore per la Puglia dell’associazione nazionale Città del Vino. «Questo provvedimento – scrive il primo cittadino del comune dirimpettaio a Manduria, patria del Primitivo -, non deve diventare la base giuridica per consentire che un vino siciliano diventi Igp o Dop primitivo; tutto questo sarebbe inaccettabile e bene ha fatto il Ministro per l’agricoltura Bellanova ad intervenire per chiarire che questo non sarà mai consentito».

L’argomento appassiona anche il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Cristian Casilli. «Non premetteremo l’avanzata di chi vuole sfruttare e sottrarre questo patrimonio, frutto del sacrificio dei nostri viticoltori», afferma il pentastellato salentino che invita le associazioni di categoria e la politica a tutti livelli a fare sistema per difendere il comparto del Primitivo. «Io sarò al fianco dei viticoltori pugliesi in questa battaglia», promette Casilli.

Nazareno Dinoi

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