
Da quella chiamata inaspettata dal Quirinale, al giorno tanto atteso. È ufficialmente Cavaliera al merito della Repubblica, Michela Piccione, 35 anni di Sava, operatrice necrofora all’ospedale Marianna Giannuzzi di Manduria che ebbe il coraggio di denunciare le condizioni lavorative di sfruttamento di un call center di Taranto e che lunedì 29 novembre è stata insignita dell’Onorificenza di Cavaliera della Repubblica per mani del Presidente Sergio Mattarella. Una croce a bracci argentati appesa al fiocco di nastro dei colori verde - rosso dell’ordine al merito, è adesso stretta al cuore di Michela.
“Ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari", segna la normativa dell’Ordine della Repubblica che questa volta premia la donna savese. «Le parole cancellano con un pugno quella stretta al cuore,di due sguardi, di amorevoli parole che come lame ti trafiggono l’anima - scrive Michela su Facebook poco dopo la cerimonia di onorificenza - incoraggiandoti a non piegarti mai ai sistemi di corruzione, di schiavismo lavorativo. Noi siamo persone». Quella di Michela è una storia turbolenta, ma a lieto fine; la donna l’anno scorso aveva denunciato al sindacato Slc Cgil un call center del tarantino che sfruttava e sottopagava il personale facendolo finalmente chiudere.
Una battaglia vinta che le ha dato la forza di cambiare lavoro e di investire il suo tempo nella formazione sanitaria diventando prima Operatrice socio sanitaria nei reparti Covid dell’ospedale Marianna Giannuzzi di Manduria, poi la prima donna necrofora all’ospedale Santissima Annunziata di Taranto. Due figli a carico e un posto fisso guadagnato con alle spalle quindici anni di precariato. Dopo l’onorificenza a Cavaliera della Repubblica, Michela aveva ricevuto una straordinaria offerta di lavoro a tempo indeterminato da parte di un’importante azienda di telefonia, che ha deciso di declinare perché non voleva sentirsi “privilegiata”. Per chiudere l’azienda sfruttatrice, la donna aveva, infatti, coinvolto altre quattro colleghe.
Marzia Baldari
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1 commento
FDB
mar 30 novembre 2021 03:00 rispondi a FDBForza DONNE ??