
Questo brillante scienziato è stato solo questo?
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Dobbiamo ricordarlo solo per la sua straordinaria capacità di matematizzare la fisica? Pare di no.
Si narra di un Newton arrogante e nevrotico, specie contro i suoi “avversari”: è nota la contesa durata decenni con Leibniz per la paternità del calcolo infinitesimale con lettere davvero poco “accademiche”. Ma si sa: ai geni queste piccole debolezze vanno perdonate!
Ciò che sorprende è, invece, il grande interesse dello scienziato inglese per l’alchimia! Alla sua morte, la Royal Society (la più importante accademia di scienza d’Europa, di cui Newton fu presidente dal 1703) si rifiutò di acquistare i manoscritti ritenuti “non-scientifici” e li riconsegnò alla famiglia, pregando di non pubblicarli. Horsley, che nei decenni successivi curò l’”Opera Omnia” del fisico inglese, rimase tanto scandalizzato dal contenuto di quei testi da non rivelarlo a nessuno. La svolta avvenne nel 1936, quando il noto economista Keynes acquistò tutti i manoscritti inediti dello scienziato, e osservando l’enorme mole di testi di alchimia (ma anche sulla medicina occulta e sull’Apocalisse!) lo definì «l’ultimo dei maghi!».
Durante tutta la sua vita, Newton scrisse migliaia di pagine a commento dei testi di alchimia che leggeva, ma fece anche tantissimi esperimenti con metalli e acidi per giungere alla creazione dell’oro! Pare addirittura, che abbia speso più tempo nella stesura di queste opere scientificamente “dubbie” e mai pubblicate, che non su quelle che lo resero celebre!
Ma perché il padre della fisica moderna era così tanto affascinato dal mondo dell’alchimia?
Il suo era certamente un interesse matematico nei confronti degli esperimenti chimici, ma poteva anche trattarsi di iniziali studi per una teoria della materia inserita nel contesto delle scienze occulte. Di fatto, l’alchimia fu per Newton una passione che lo accompagnò sempre, soprattutto perché rappresentava una “evasione scientifica” da quelle regole matematiche troppo rigide della fisica meccanica, che egli stesso aveva contribuito a produrre!
Egli amava capire e scoprire. Anche ciò che non avrebbe potuto scoprire mai.
E’ evidente, quindi, che non si può parlare di un interesse superficiale o di hobby!
Perché, allora, questi studi sono stati negati per oltre due secoli e ritenuti uno scandalo rispetto alla produzione classica di Newton? La storia della scienza tende forse ad una “glorificazione” dell’immagine storica dello scienziato? Più semplicemente, forse, bisognerebbe comprendere che non esistono limiti e confini così netti tra ciò che è scienza e ciò che non lo è, tra ciò che merita l’attenzione e lo studio dello scienziato e ciò che, invece, può essere trascurato.
La scienza, così come noi oggi la conosciamo e riconosciamo, non ha avuto un percorso lineare, una andatura stabile. Al contrario: è ricca di vicoli ciechi. E forse le storie più interessanti sono proprio quelle interrotte, quelle sbagliate. Le storie di quelli scienziati che, come Newton con l’alchimia, nonostante l’impegno, la volontà e la genialità, hanno intrapreso strade sbagliate ed hanno fallito.
E, alla fine, questi scienziati, questi immensi geni, visti da questa prospettiva, sembrano anche un po’ più simili a noi.
Valentina Palumbo
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