Venerdì, 9 Maggio 2025

Salento Puglia e mondo

La CGIL lancia la campagna “Liberi da violenza” anche nei luoghi di lavoro

Non solo botte. Ecco i dati della condizione femminile in provincia di Taranto

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Pensare femminile, pensare in termini di politiche di genere, è programmare il futuro, anche di chi non è donna.

Ne è convinta la segreteria della CGIL di Taranto che alla vigilia della Giornata Internazionale della Donna, racconta attraverso i numeri la violenza palese e soprattutto quella nascosta che genera paura, isolamento, precarietà.

E proprio per non cedere alla retorica della giornata delle mimose che la CGIL di Taranto, si affida ai freddi numeri per spiegare un assunto: le botte, lo stalking, persino gli omicidi, sono la parte emersa di un iceberg che ha invece una base robusta e granitica costituita da una serie di micro-violenze e “disattenzioni” che le donne pagano con emarginazione e gender gap.

Così la CGIL di Taranto recupera gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e la immerge nel tessuto sociale, economico e produttivo della provincia di Taranto.

I sei domini chiave per misurare la condizione delle donne sono: potere, lavoro, conoscenza, salute cultura e violenza.

Giunte comunali, dirigenza medica e primari sono quasi sempre uomini. Su 26 sindaci in totale nella provincia di Taranto, solo 3 sono donne. 55 sono i primari, mentre solo 12 le primarie.

Nella provincia di Taranto le donne ancora una volta non sfondano il tetto di cristallo, malgrado molto spesso la loro preparazione scolastica e il rendimento negli studi pre e post laurea sia di molto superiore a quello dei loro colleghi maschi.

Sul tema lavoro Taranto rileva una ferita ancora più profonda.

Le donne che lavorano sono poco più di 52mila rispetto agli oltre 104mila uomini.

I disoccupati sono complessivamente 27mila, 15mila donne e 12mila uomini.

Un dato che si sovverte completamente quando si indaga, ad esempio, sul numero delle famiglie mono-genitoriali. Nella sola città di Taranto sono in tutto 14.551, di cui quasi 11mila costituite da donne sole con i loro figli.

E’ un dato questo che dovrebbe far riflettere – spiega Tiziana Ronsisvalle, segretaria della CGIL di Taranto – perché quelle quasi 11mila famiglie composte prevalentemente da donne e dai loro figli, ha esigenze di assistenza, prolungamento dei tempi scuola, sport, tempo libero, conciliazione dei tempi di vita e lavoro, persino di mobilità, completamente differenti da quelle di una famiglia cosiddetta tradizionale.

Un dato che la CGIL offre al confronto con le istituzioni territoriali nel tentativo di fornire lenti in ottica di genere che servano ad esempio a programmare piani di sviluppo legati alle risorse del tanto citato PNRR.

Diciamo che pensare politiche in ottiche di genere significa pensare al futuro anche tenendo bene a mente il problema della denatalità dei nostri territori – spiega Giovanni D’Arcangelo, segretario generale della CGIL di Taranto – Ma le cause di questo “inverno delle nascite” sono da attribuire a più fattori che si intrecciano guarda caso con la condizione femminile: dalla carenza di asili nido, a politiche inadeguate di sostegno alla natalità e alla genitorialità, passando ovviamente dall’andamento del mercato del lavoro, fino alle cause antropologiche e culturali di una società sempre più impaurita rispetto al futuro.

Ecco perché pensiamo che occorra lavorare sulla ricostruzione di una società non più ripiegata su se stessa o sull’immagine del suo skyline, ma sulle condizioni più profonde che determinano l’accesso ai diritti: dalla scuola, dove Taranto registra dati sull’abbandono scolastico del 19,2%, mezzo punto superiore al dato regionale e di 5,2 punti in più rispetto al dato nazionale, al lavoro, fino alla possibilità di prendere un mezzo di trasporto pubblico con spazi riservati ai passeggini aperti – afferma la Ronsisvalle.

La CGIL ne è convinta: la violenza è figlia di queste condizioni di deprivazione sociale, economica, o abitativa e le istituzioni non possono limitarsi ad occuparsi delle donne solo quando finiscono ammazzate.

Fondamenta che risultano fragili a partire anche dalla sanità che continua a non immaginare percorsi di genere e taglia, come accade in queste ore, proprio sugli screening per il tumore al seno. E’ infatti di queste ore la notizia di una sospensione del servizio, previsto dalla Legge regionale per i tumori al seno e al colon retto per volere dei Ministeri della Salute e dell’Economia, che considera esosa la spesa non prevista dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).

Non osiamo immaginare cosa accadrebbe in questo senso – dichiara Giovanni D’Arcangelo – se quella prospettiva di autonomia differenziata si concretizzasse.

E sono i dati della violenza, quelli censiti, che purtroppo continuano a consegnare una fotografia in negativo della condizione della donna in provincia di Taranto.

I dati che la CGIL espone alla stampa sono un chiaro atto di accusa.

Si comincia dai dati relativi all’accesso ai CAV (Centri Antiviolenza). Nel 2021 le donne che si sono rivolte ai Centri sono state 312, solo il 67,9% di loro lo ha fatto spontaneamente. Il 32,1% ha avuto bisogno di una segnalazione da parte dei servizi sociali.

I dati raccolti tra la Procura di Taranto e le forze dell’ordine sono sommari (il censimento è ancora in corso - ndr).

Per reato di stalking le donne che hanno denunciato tra il 2020 e il 2022 sono 881. Per maltrattamenti le donne che hanno denunciato uomini, fidanzati, conviventi, sono state 1093.

446 sono le donne che nel 2022 si sono rivolte alle forze dell’ordine (censita solo un’arma) per atti persecutori e maltrattamenti in famiglia. Non sappiamo quanti di questi SOS si siano trasformati in processi e condanne.

Questi numeri sono la ferita aperta di una società che ancora sottovaluta il fenomeno e su cui come CGIL abbiamo deciso di avviare una campagna anche all’interno dei luoghi di lavoro – sottolinea Giovanni D’Arcangelo – perché non sono solo le botte ad ammazzare le donne, sono i mariti che ricattano economicamente, che mortificano, umiliano, minacciano e per cui in CGIL non ci sarà mai posto!

Con la campagna nei luoghi di lavoro, parte dunque il progetto “Liberi da violenza”, perché pensiamo – dice Tiziana Ronsisvalle – “che spesso sia anche l’omertà a condannare chi subisce abusi o prevaricazioni, e i luoghi di lavoro diventano un osservatorio privilegiato per stare accanto alle donne, ma soprattutto parlare agli uomini”

Un processo capovolto quello della CGIL che gli uomini violenti intende isolare, invitando alla denuncia e offrendo ascolto, ma soprattutto creando le basi per l’avvio di una cabina di regia interstituzionale e di un Osservatorio per l’integrazione delle politiche per la parità di genere, che serviranno ad indirizzare le scelte politiche, economiche e sociali del territorio.

 

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