
Si è tenuta ieri a La ‘Nchianata di Torricella la presentazione del libro del direttore del Nuovo Quotidiano di Puglia Claudio Scamardella "Le colpe del Sud Ripensare la questione meridionale per il Mezzogiorno, la Puglia, il Salento".
Il saggio di Claudio Scamardella è una rivisitazione storica della questione meridionale lontana dalla "trappola" dell’autoassoluzione e della ricerca delle "colpe degli altri". Si fonda anzi su un approccio critico verso la società civile, l’intellettualità e le classi dirigenti meridionali degli ultimi trent’anni. Un Mezzogiorno storicamente "imprigionato nella gestione parassitaria delle rendite dell’aristocrazia terriera" e "strutturalmente carente nello spirito di impresa". E mentre il Nord disegnava una visione che poi è riuscito ad imporre all’agenda nazionale - si pensi al federalismo fiscale piuttosto che alla riforma del Titolo V - il Sud «ha giocato questa partita di rimessa», senza una visione, incapace di mobilitarsi per conquistarsi una missione strategica che la posizione geopolitica imponeva. Ma la rendita di posizione accumulata fino alla caduta del Muro di Berlino ha cullato la borghesia "endogena" - che non è diventata classe dirigente, ma che anzi si è servita della politica - costringendo il Mezzogiorno alla "stagnazione" all’interno di quella stessa rendita di posizione, resa ormai vetusta dall’avvento del mondo globale.
Ma oggi c’è un’altra occasione da cogliere: «Lontani dalla retorica che a sarà più come prima, davanti al Mezzogiorno sta passando un altro grande treno» dice Scamardella. Secondo l’autore infatti, un’allocazione corretta delle risorse nella fase post COVID - accompagnata da una visione lontana da politiche assistenziali fini a sé stesse ed incentrata su temi strategici come il digital divide - potrebbe «rimettere in piedi il Sud» e ridurre quindi il gap col Nord.
Bentivogli: «Sbagliatissimo demonizzare il 5g, rischiamo di perdere il treno dello sviluppo»
Sono numerose negli ultimi tempi le campagne contro la tecnologia di quinta generazione e i suoi effetti, iniziative non supportate da alcuna evidenza scientifica, soprattutto nella sua - presunta e mai provata - correlazione alla pandemia. «Il 5g rispetto alle altre reti ha una velocità enormemente superiore, tanto da portare la latenza quasi a zero» dice Bentivogli.
Ripercorrendo il tema della visione strategica necessaria al rilancio del Sud, l’ex segretario nazionale di Fim Cisl lancia un monito a supporto della tecnologia: «Il 5g è un vero e proprio ecosistema, perché garantisce la possibilità di creare un territorio connesso velocemente, che però non può prescindere da una pubblica amministrazione digitale, da un sistema di mobilità che funziona attraverso la tecnologia, da un sistema di formazione. Parliamo di una tecnologia che abilita e spinge lo sviluppo». È evidente quindi quanto il 5g sia un asset strategico fondamentale soprattutto in termini di attrattività rispetto ad investitori esteri. «In Italia non c’è ancora la tecnologia, ci sono zone di sperimentazione come l’antenna nel porto di Bari utilizzata per la riparazione dei motori navali della Isotta Fraschini». Il problema vero secondo Bentivogli è che la "demonizzazione" del 5g è un ulteriore terreno su cui sta andando avanti l’anti-scienza. «Noi rischiamo di perdere il treno dello sviluppo» soprattutto se si pensa che «la Puglia è la regione con la banda ultra-larga con meno copertura di tutto il sud».
Questioni Ilva e xylella
Tanti i temi trattati, soprattutto nella seconda parte del dibattito, quando Taranto e il Salento sono divenuti centrali, a proposito di visione strategica e politica industriale.
L’attività sindacale di Marco Bentivogli nel sindacato dei metalmeccanici andava avanti dal 2014 e si è conclusa lo scorso giugno. Su Ilva: «Arcelor Mittal ha pagato i danni di 50 anni». Secondo l’attivista, la rimozione dello scudo penale fa parte di un disegno che punta a nazionalizzare lo stabilimento. Neppure troppo velata poi la critica verso l’operato del governo regionale che si districa con eccessiva disinvoltura tra la chiusura totale dello stabilimento e la sua riconversione.
E toccando il tema relativo alla necessità della politica "accordata" alla scienza, il dibattito è scivolato su xylella: «La questione xylella sembrava un fiume carsico», dice Scamardella. «Nel 2014, all’indomani del titolo del giornale "Salento deturpato" gli ambientalisti scesero in piazza negando il problema. A supportarli c’era una buona parte della borghesia salottiera leccese e intervenne addirittura la magistratura. Tutto questo avveniva con la complicità delle classi dirigenti del Salento». E ancora: «C’è una tendenza del ceto medio riflessivo che vuole fare di questa terra un "No" a prescindere per preservare la propria vecchiaia. Questo rappresenta una forma di egoismo mai visto verso le generazioni future».
I saluti di Francesca Franzoso
A concludere il dibattito, i saluti della consigliera Francesca Franzoso: «L’auspicio è che questa terra diventi fertile per i ragazzi che certo, vanno via per formarsi, ma che devono tornare e trovare una terra da far fiorire. Questo libro dà la possibilità di comprendere che esiste un altro modo di fare politica e che la politica è anche e soprattutto uno strumento pedagogico con un fine didattico. E questa sera abbiamo fatto politica nel senso più nobile del termine».
Gianpiero D’amicis
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