
La Regione Puglia non garantisce la vaccinazione a tutti gli insegnanti così come dovrebbe. O perlomeno non a tutti i numerosissimi insegnanti residenti in Puglia che prestano servizio didattico come supplenti fuori regione. È questo il risultato di tante testimonianze giunte in redazione da noi verificate personalmente. Per capire la situazione dei tanti insegnanti residenti in Puglia ma che lavorano fuori regione, bisogna specificare come il sistema delle supplenze scolastiche si basi a livello nazionale sulla scelta da parte dell’insegnante di una provincia nella quale iscriversi in graduatoria secondo le classi di concorso per le quali si è abilitati, sperando poi di essere chiamati a prestare servizio didattico in caso di posti vacanti da colmare.
Come è facile intuire, sono tantissimi gli insegnanti pugliesi che scelgono ogni anno di entrare nelle graduatorie di provincie nelle quali notoriamente la richiesta di supplenti è maggiore, sperando così di esser chiamati, anche per supplenze brevi, al fine di guadagnare punteggio utile alla scalata in graduatoria. Si tratta spesso di vere e proprie lotterie, a causa delle quali spesso gli insegnanti spendono (tra viaggi, bed and breakfast, affitti brevi e quant’altro) più di quanto guadagnano solo per racimolare qualche punto in più in graduatoria. Per questi motivi, moltissimi insegnanti non hanno possibilità di spostare domicilio, residenza o medico di base nelle provincie in cui sono chiamati ad insegnare per pochi giorni, in scuole sempre diverse e in città lontane nelle quali trasferirsi con pochissimo preavviso (anche 1-2 giorni in tanti casi).
Questo è un vuoto normativo ed organizzativo che la Regione Puglia non aveva e non ha colmato finora.
La campagna di vaccinazione che ha interessato gli insegnanti, non ha trovato nessuna soluzione per i moltissimi residenti pugliesi che lavorano fuori regione. Dimenticati allo stesso tempo dalla propria regione di residenza ed ignorati dalla regione (del Nord) nella quale lavorano, non sono stati finora né vaccinati né ascoltati o informati su cosa fare. Si tratta, spesso, di insegnanti di sostegno che durante tutto l’anno scolastico, anche in lockdown nella zona rossa, hanno quotidianamente effettuato didattica in presenza, lavorando a strettissimo contatto con studenti con disabilità a volte così grave da non permettergli di indossare alcun tipo di dispositivi di protezione individuale.
È il caso, ad esempio, di Laura P., insegnante 38enne della provincia di Taranto che ha ottenuto una supplenza in una scuola superiore in una provincia del Nord, lavorando come insegnante di sostegno con tre studenti adolescenti con varie disabilità: “Seguo tre studenti con diverse disabilità cognitive, tutte molto gravi, che hanno sempre frequentato in presenza. Uno di loro, un particolare, è un ragazzo con sindrome di Down e comorbidità di disturbo dello spettro autistico. Questo significa che il mio studente non sopporta l’uso di alcun tipo di mascherina o dispositivo di protezione individuale e che con lui è assolutamente impossibile mantenere le distanze di sicurezza, dal momento che per camminare ha bisogno di tenere la mano o poggiarsi sulla spalla del docente. Vi lascio immaginare cosa voglia dire passare 4 o 5 ore giorno con lui: anche se io indosso doppia mascherina, la visiera protettiva ed il camice usa e getta, l’ansia e le preoccupazioni quotidiane sono alle stelle. Ho paura di contagiarmi o peggio di contagiare lui, uno studente iper-fragile. Le mie preoccupazioni per altro non sono certo eccessive dato che più di una mia collega ha preso il virus e che io stessa sono stata spesso esposta al virus, in classi finite poi in quarantena.”
A a sono valse le sue ripetute richieste di informazioni sulla vaccinazione: “La scuola in cui insegno non ha informazioni da darmi in merito alla vaccinazione di insegnanti con residenza fuori regione, l’Asl della provincia vaccina solo i residenti e mi rimanda a quella pugliese, ma io non ho indicazioni neanche dalla regione Puglia o dalla provincia di Taranto”. Vani sono stati finora i tentativi di capire di più cosa fare: “ho scritto tante email e tentato di telefonare a tutti i numeri della Asl tarantina. Pensavo di aver fatto un passo avanti quando ho avuto risposta alla mail inviata alla segreteria dell’assessore Lopalco, dalla quale mi hanno indicato un altro indirizzo mail della Asl di Taranto, dedicata al personale scuola. Invece, dopo avermi richiesto tutte le mie generalità, mi è stato detto di aspettare e pazientare e da allora non ho avuto più alcuna risposta ed ormai è passato più di un mese. Un mese nel quale giorno dopo giorno ho sfidato il virus e la sorte sperando di non farmi e soprattutto non fare del male. Ed intanto l’anno scolastico sta finendo e il mio contratto, miracolosamente rinnovato di mese in mese, sta scadendo. A a sono valse le numerose richieste al mio medico curante, il quale mi ha più volte risposto di non potermi essere utile perché in Puglia le vaccinazioni degli insegnanti son state gestite direttamente dalle scuole”.
Un caso emblematico, speculare e sovrapponibile a tanti altri. Insegnanti pugliesi lasciati soli nel momento del bisogno e che si sono trovati di fronte ad una scelta difficile ed in entrambi i casi rischiosa: accettare un lavoro e rischiare la propria salute e quella dei propri studenti? O rifiutare un lavoro da tempo sperato?
Gabrio Distratis
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1 commento
Enzo
sab 24 aprile 2021 11:35 rispondi a EnzoComunque la ASL, soprattutto in Puglia fa acqua ?? da tutte le parti e non parliamo poi della burocrazia !!