
MANDURIA - Il 29 marzo del 2013 a Manduria un carabiniere della compagnia Messapica rischiò di essere ucciso da un pericoloso latitante della Sacra corona unita che stava inseguendo. Giuseppe Giordano, latitante ricercato per omicidio, gli esplose contro diversi colpi di pistola senza colpirlo. Gli inquietanti particolari si apprendono nelle motivazioni della sentenza della Cassazione che ha respinto il ricorso presentato dall’avvocato del pregiudicato condannato per tentato omicidio ed altri reati a dieci anni e otto mesi di reclusione dalla Corte d’Appello di Lecce che aveva confermato la pena inflitta dal gup del tribunale di Taranto nel giudizio abbreviato.
I fatti sono accaduti nelle campagne tra Manduria e San Pancrazio Salentino. I militari fermarono per un controllo un’auto, risultata poi rubata a Manduria, con a bordo due uomini che invece di fermarsi tentarono la fuga tra i tratturi di campagna. Imboccata una via senza uscita e raggiunti dall’autopattuglia, il guidatore fu bloccato mentre l’altro iniziò una corsa a piedi inseguito dal carabiniere C. R.. Durante l’inseguimento, si legge nella sentenza, «per ben tre volte il latitante si girava verso il brigadiere e, puntando l’arma contro di lui, ripetutamente sparava, riprendendo ogni volta immediatamente la fuga».
L’abilità e il sangue freddo del militare che a sua volta rispondeva al fuoco esplodendo colpi d’arma da fuoco in aria, permise infine la cattura del boss che fu costretto ad arrendersi quando fu accerchiato da altri carabinieri chiamati in soccorso. La Corte di Cassazione che ha confermato la condanna di secondo grado, ha bocciato la tesi del difensore di Giordano che cercava di far cadere il reato del tentato omicidio sostenendo che il suo assistito non aveva intenzione di uccidere il carabiniere (altrimenti con la sua conoscenza delle armi non lo avrebbe mancato), ma voleva solo spaventarlo e costringerlo a fermarsi.
Giordano era ricercato dal mese di novembre del 2012, da quando cioè poco prima della sentenza definitiva della Cassazione per omicidio si rese irreperibile. Uomo di punta del clan Buccarella, è sospettato anche di avere architettato l’evasione, poi fallita, dal carcere di Lecce di un altro malavitoso di San Pietro Vernotico, Raffaele Martera. Il progetto di fuga da Borgo San Nicola fu scoperto grazie all’intercettazione delle missive sequestrate in carcere nella cella del detenuto e poi decodificate grazie al rinvenimento del codice. Il pericoloso latitante arrestato, braccio destro di Vito Di Emidio, è uno dei tre killer di Santino Vantaggiato, boss della Scu ucciso in diretta telefonica a Bar, in Montenegro. Per quell’omicidio Giordano deve scontare trent’anni di carcere.
Nazareno Dinoi
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