Domenica, 4 Maggio 2025

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Antonio Gaglione si confessa: la politica mi deve ancora molto

Antonio Gaglione si confessa: la politica mi deve ancora molto Antonio Gaglione si confessa: la politica mi deve ancora molto | © n.c.

Antonio Gaglione, cardiochirurgo di Latiano, parlamentare eletto col Pd anche con i voti dei manduriani, è in testa a una classifica poco edificante: quella di chi alla Camera non ci mette piede. Eppure, lo stipendio dello stato lo prende lo stesso. «Non mi giustifico perché non sono giustificabile» ammette. «Ma non mi dimetto, perché per anni alla politica ho dedicato tempo, energia e soldi». Però, fa una promessa: «Questa è l’ultima volta».

Il noto cardiochirurgo di 58 anni, ha un record poco onorevole. Eletto alla camera per il Pd è il più assenteista del parlamento. Le statistiche dicono che nel 93,3 per cento delle sedute il suo banco è rimasto vuoto. Cercarlo a Roma è inutile, meglio Bari, alla clinica cardiologica Villa Bianca. A inizio Anni 90 Gaglione è stato un pioniere degli interventi al cuore senza bisturi. Dal 1992 a oggi ha eseguito 63 mila coronografie e 19 mila angioplastiche. E non intende fermarsi. Sfreccia in camice azzurro per i corridoi della clinica, è sorridente e cordiale con tutti, ma al contatto col giornalista cambia umore: «A voi non ho niente da dire», sbotta nervoso. E se ne va.

Ma anche i cardiologi hanno un cuore e dopo una proposta d’intervista via mail, accetta l’incontro. Appuntamento nel suo studio. Sul tavolo una Bibbia e un piatto d’uva.

 La chiamo, onorevole o dottore?

«Va bene Antonio. Sono figlio di contadini e in campagna le persone si chiamano per nome».

 Antonio, a Latiano, dove è nato e a Bari, dove vive, le vengono riconosciute grandi doti umane, professionali e, fino al 2008, anche politiche. Come può accettare che il record di assenteismo faccia di lei un emblema del malcostume della casta politica?

«Infatti non lo accetto. Vorrei che la gente, giornalisti in testa, prima di parlare si sforzassero di sapere chi sono e cosa ho fatto».

 Il dato, 93,3 per cento di assenze, è comunque imbarazzante. Lo Stato la paga per niente. Perché non si dimette?

 «La mia posizione non è limpida, lo ammetto. E quando ricevo quei soldi non mi sento a posto. Ma la vita è fatta di bilanci e io che per 7 anni ho dedicato alla politica tempo, energia e soldi, mi dico che globalmente il bilancio è positivo. E di conseguenza non mi dimetto».

Quindi si sente giustificato?

«La mia non è una giustificazione, perché non sono giustificabile. Questa è una confessione personale, di cui mi assumo tutta la responsabilità: ho capito che potevo essere più utile qui come medico che in Parlamento a farmi manovrare come una pedina».

Non poteva capirlo prima?

«L’ho capito alla vigilia delle elezioni, a giochi fatti».

Ci mostra la busta paga?

«Non le conservo. Comunque sono tre buste. Stipendio di 5 mila euro, poi con contributi e indennità si arriva a 11 mila».

È vero che, politica a parte, ha redditi per 500 mila euro?

«Confermo, 300 mila come medico, il resto da investimenti andati bene».

Lei è credente?

«Credente e praticante. Al mattino prego nella chiesa di S. Cataldo. Non inizio gli interventi se non passo dalla cappella della clinica, ogni giorno leggo la lettera a Timoteo col ritratto del medico e del falso dottore e poi i salmi, li ho tutti sul telefonino».

Il primo che le viene in mente?

«Quello al quale non mi attengo lasciandomi intervistare da lei. Poni, signore, il sigillo alla mia bocca».

In politica come ha iniziato?

«Seguivo Gilberto de Nitto, un politico di Latiano amico di Aldo Moro e Giorgio La Pira. A 15 anni ero segretario giovanile della Dc. Allora la politica era servizio. Oggi funziona come meccanismo di spartizione del potere. Certe intercettazioni, in questo senso, sono illuminanti».

Quando ha deciso di puntare a Roma?

«Non l’ho deciso io. Sono venuti a cercarmi. Nel 2001 il centrosinistra non sapeva a chi dare il collegio 12, un feudo della destra, il peggiore della regione. Hanno detto, proviamo Gaglione e vediamo cosa succede».

Cosa è successo?

«L’ultimo è diventato il primo. Ho preso 52.994 voti, dal 36 il centrosinistra è salito al 41,6 per cento e il collegio 12 è risultato il migliore di tutta la Puglia».

Debutto col botto.

«Il mio entusiasmo era alle stelle. Ho organizzato manifestazioni, ho denunciato l’inutilità dei consorzi di bonifica, ho invaso le piazze di trattori e contadini, sono entrato nelle carceri, mi sono occupato dell’Ilva di Taranto, di amianto, sanità e treni. Ho aperto18 sezioni, ho stampato e distribuito gratis 50 mila copie di un giornale che si chiama Senato 12. Tutto a spese mie».

Il mondo politico come ha ricambiato?

«Lasciamo perdere. Ero nella Margherita, nel 2006 era in ballo la fusione coi Ds e ho votato sì. Peccato che Marini e Rutelli fossero per il no. Poi cambiarono idea, ma intanto io andavo punito. Con la nuova legge elettorale non servivo più, mi hanno messo 17° di lista e non sono stato eletto».

Però l’han fatta sottosegretario alla salute.

«E ho lavorato duro altri due anni. Dal 2006 al 2008 ho fatto passare la riforma della sanità nelle carceri e il fondo da 1,8 miliardi di euro per risarcire i danni da trasfusione. Far passare il concetto che lo Stato ha un debito con i cittadini infettati di epatite o aids è stata un’impresa».

E le sue quotazioni sono risalite?

«Macché. Nel 2008 ero in fondo alle liste del Senato, finché il Pd per far posto a un altro candidato mi ha spostato alla Camera. Sono stato eletto ma mi sono sentito una pedina».

Perché?

«Senza preferenze il merito non conta più. La legge elettorale consegna tutto il potere nelle mani di 4 o 5 boss di partito, che mandano avanti chi si lascia manovrare».

Vada a dirlo in Parlamento.

«Non serve. L’aula è stata espropriata delle sue funzioni. Mi dica una legge d’iniziativa parlamentare. Non c’è, tutto si riduce a votare leggi di iniziativa governativa, ad approvare o bocciare atti di governo. Ci tornerò solo per discutere di legge elettorale».

Perché la Bindi voleva cacciarla dal Pd?

«Il 2 ottobre 2009 al voto per lo scudo fiscale, nel Pd eravamo assenti in 22 e la legge è passata con 20 voti. Se la sono presa solo con me e io li ho salutati e sono entrato nel Gruppo Misto»

Rosi Bindi l’ha chiamata?

«Chi deve chiamare non chiama e chi non deve chiamare chiama sempre. Nel dicembre scorso in piena caccia al voto, da destra mi hanno cercato».

Cosa le offrivano? Soldi o cariche?

«Non ho dato il tempo di fare offerte. Sono coerente e non mi vendo né per soldi né per una poltrona».

Si ricandiderebbe?

«No, con questa politica ho chiuso».

Scusi se insisto, ma dimettersi subito?

«Giovanna, mia moglie, lo dice sempre».

Perché non accetta critiche e consigli?

«Dipende. Dice il salmo, mi percuota il giusto e il fedele mi rimproveri, ma l’olio dell’empio non profumi il mio capo».

Giuseppe Fumagalli su Oggi in edicola

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4 commenti

  • pietro
    mer 3 agosto 2011 01:42 rispondi a pietro

    Bravissimo e nulla da obiettare come uomo di medicina,ma per quanto riguarda la politica.....la vada a raccontare ad unaltro.Dimettiti se hai un podi dignita,ma si sa che i soldi fanno gola a tutti.

  • maria,g
    mer 3 agosto 2011 11:01 rispondi a maria,g

    Che dire, noi scemi a pagare le tasse per chi non sa casa significa sacrifici per arrivare alla fine del mese. Parassiti di un sistema spegevole.

  • Tony
    mer 3 agosto 2011 10:57 rispondi a Tony

    Come medico sar pure un luminare...ma come uomo e politico davvero... inqualificabile!

  • MARIA PEZZAROSSA
    mer 3 agosto 2011 09:38 rispondi a MARIA PEZZAROSSA

    io sono indignata, i nostri soldati muoiono in "missione di pace" per guadagnare 1/20 del suo reddito annuo!

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