Prendo spunto dalle bestialità dette e scritte dai novax sull’esperienza Covid vissuta dal professor Galli per esprimere un parere di merito sul ruolo che possono svolgere gli anticorpi monoclonali nella terapia delle malattie infettive.
La somministrazione di anticorpi, sia che siano prodotti artificialmente dai batteri attraverso tecniche di “ricombinazione genetica” (non spaventa questa parola?) come i monoclonali, sia che derivino da plasma umano (es. il siero antitetanico, da non confondere col vaccino), conferiscono al ricevente la cosiddetta “immunità passiva”: questa è limitata nel tempo e trova indicazione quando l’organismo non ha o non ha a sufficienza, una “memoria immunologica” che consenta di produrre in proprio una adeguata quantità di anticorpi. Il contatto con il virus, quando non letale, così come anche il vaccino, conferiscono invece la cosiddetta “immunità attiva”, cioè mettono in condizione l’organismo di produrre in proprio gli anticorpi. Questo secondo tipo di immunità è molto più efficace e duratura di quella passiva, proprio perché in grado di indurre la “memoria immunologica”, in base alla quale le cellule linfatiche, se vengono nuovamente stimolate dal virus, lo riconoscono immediatamente e producono un’adeguata quantità di anticorpi atti a impedire il ripetersi della malattia o, quanto meno, a ridurne gli effetti più gravi.
Soggetti defedati o anziani, come il professor Galli, possono avere un sistema immunitario meno efficiente, non in grado di rispondere immediatamente al contatto con l’agente patogeno. In questi casi la somministrazione precoce degli anticorpi monoclonali consente una risposta immediata e da il tempo al sistema immunitario un po’ “addormentato” di riprendersi e reagire in modo adeguato. Chiaramente se il soggetto non fosse precedentemente vaccinato, non avrebbe nessuna memoria immunologica e quindi metterebbe molto più tempo a reagire, lasciando ai soli anticorpi somministrati dall’esterno il compito di difendere dall’infezione.
In conclusione, la migliore strategia di difesa nei confronti del COVID, scientificamente documentata, è quella basata sulla vaccinazione, integrata, quando da solo il vaccino non basti, dall’uso degli anticorpi monoclonali e/o dei nuovi antivirali.
Perdonate il pippone ed il linguaggio parzialmente tecnico, ma nessuno ha mai detto che la scienza sia una cosa semplice.
Roberto Massafra
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2 commenti
Attilio Destratis
dom 9 gennaio 2022 03:03 rispondi a Attilio DestratisConfortante e chiarissima disquisizione. Grazie Dottore!
Anonimo manduria
dom 9 gennaio 2022 11:05 rispondi a Anonimo manduriaEgr dott, dal suo linguaggio tecnico si deduce che il paziente Galli, con tre dosi di vaccino dopo un anno, non ha ancora sviluppato una immunità attiva tale da dover ricorrere ai monoclonali. Quindi mi chiedo quanti anni occorrono per avere una memoria immunitaria?