Era salito a quaranta ieri, ma mancavano ancora altri risultati dei tamponi, il numero dei detenuti del carcere di Taranto contagiati dal coronavirus. E con i numeri cresce anche il nervosismo nella popolazione carceraria, reclusi e personale di custodia compresi, alle prese con quella che per il Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, è «una pentola a pressione che potrebbe esplodere con effetti devastanti». E non solo da punto di vista sanitario. Anche ieri nei corridoi del penitenziario tarantino ha echeggiato il sinistro rumore della «battiture», la caratteristica protesta dei detenuti che battono ritmicamente oggetti di metallo contro le sbarre. Preludio spesso di vere e proprie ribellioni. Le famiglie, alle quali sono stati sospesi i colloqui, cercano di informarsi attraverso i propri avvocati che a loro volta si rapportano con gli uffici di direzione. Le notizie che filtrano non raccontano niente di buono perché quello che si temeva è avvenuto. Il virus ha infatti oltrepassato la sezione di massima sicurezza, dove è nato il cluster, raggiungendo altri tre reparti del penitenziario.
Tra gli infettati anche alcuni lavoranti, detenuti impiegati nelle mansioni di manovalanza interna, tra cui gli addetti alle cucine. Per questo la direzione del carcere ha sospeso la preparazione dei pasti caldi somministrando ai detenuti solo piatti pronti. Ieri si è inoltre saputo che un detenuto che era rientrato da un permesso premio ha presentato i sintomi dell’infezione e dal test è risultato positivo. C’è quindi il sospetto che il virus se lo sia portato dall’esterno. Il dipartimento di prevenzione della Asl non fornisce informazioni sulla tipizzazione del virus per cui non è dato sapere se si tratti di una delle varianti resistente al vaccino. Quasi tutti i contagiati sono stati vaccinati con la prima dose, alcuni nemmeno quella.
La direttrice del carcere, Stefania Baldassarre, cerca di circoscrivere il contagio separando i positivi dai contatti diretti man mano che si scopre la loro positività. Compito non facile in una struttura nata per contenere la metà delle persone attualmente ospitate. La soluzione proposta, per la quale si attende l’autorizzazione degli uffici preposti, è quella di occupare la nuova ala realizzata di recente per duecento posti. «Al momento non vedo altre soluzioni», afferma la direttrice Baldassarre infastidita da voci che la davano dimissionaria. «Chi mi conosce – dice - sa bene che non abbandonerei mai il mio posto nei momenti di difficoltà come questo».
Gli attivisti e le attiviste dell’associazione tarantina «Marco Pannella» chiedono di poter effettuare die sopralluoghi nel penitenziario e denunciano la mancanza di medici e infermieri messi a disposizione dalla Asl «che hanno costretto persino il dirigente sanitario a dare le dimissioni perché – si legge in una nota -, non riusciva a coprire con quattro medici il fabbisogno che la pianta organica stabilisce in undici». Solo ieri dall’azienda sanitaria ionica è arrivata una prima risposta con l’assegnazione di due medici all’infermeria del carcere.
Il sindacato Sappe, che si chiede perché l’amministrazione penitenziaria a livello centrale e regionale non abbia inteso avviare un massiccio programma di sfollamento di detenuti negativi nelle regioni limitrofe, invita la magistratura di Taranto ad aprire un fascicolo per verificare la correttezza di tutti i provvedimenti adottati da vari enti coinvolti al fine di ricercarne le effettive responsabilità».
Nazareno Dinoi
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1 commento
Gregorio
dom 20 giugno 2021 11:18 rispondi a GregorioDa dove è entrato il Virus, lasciato i cancelli Aperti?? Mancanza di sorveglianza!!!