Venerdì, 26 Aprile 2024

Giudiziaria

I tre imputati fanno parte del gruppo dei cosiddetti «orfanelli», 14 ragazzi tra i 15 e i 23 anni, accusati di aver usato violenze psicologiche e fisiche sul pensionato manduriano, Antonio Cosimo Stano

Rito abbreviato per sconto di pena anche i tre maggiorenni

Il branco indagato Il branco indagato | © La Voce di Manduria

Anche i tre maggiorenni coinvolti nell’inchiesta sugli «orfanelli» di Manduria saranno giudicati con il rito abbreviato. Lo ha deciso ieri il giudice delle udienze preliminari, Vilma Gilli, che ha accolto la richiesta presentata dalla difesa. La giudice ha ammesso anche la contro perizia medico legale che i legali avevano condizionato all’accoglienza del rito alternativo. Gli imputati Gregorio Lamusta di 19 anni, Antonio Spadavecchia di 23 e Vincenzo Mazza di 19, rispettivamente difesi dagli avvocati Armando Pasanisi e Franz Pesare il primo, Adriano Vitale e Lorenzo Bullo il secondo e Massimiliano Mero il terzo, devono rispondere dei reati di violazione di domicilio, lesioni personali, percosse, molestie, furto, sequestro di persona e tortura aggravata dalla sopraggiunta morte. La difesa di Mazza non ha aderito alla richiesta condizionata alla perizia di parte scegliendo una diversa strategia difensiva. La giudice ha rinviato tutto al prossimo 13 novembre fissando per quella data l’esame delle due perizie, quella presentata dal collegio difensivo (ad eccezione di Mero) e della pubblica accusa.

I tre imputati fanno parte del gruppo dei cosiddetti «orfanelli», 14 ragazzi tra i 15 e i 23 anni, accusati di aver usato violenze psicologiche e fisiche sul pensionato manduriano, Antonio Cosimo Stano, morto, secondo l’accusa, per le continue torture subite. Un gioco dell’orrore, ripetuto e durato nel tempo, con veri e propri raid notturni in casa dell’anziano solo e indifeso, filmati con i telefonini e postati sui social come macabri trofei.

Il rito abbreviato, precedentemente accordato anche agli undici minorenni imputati, consentirà loro, in caso di condanna, di godere di uno sconto pari ad un terzo della pena. Stabilito questo, l’interesse processuale si sposta quindi sui pareri contenuti nelle due perizie, quella del medico legale della Procura, Liliana Innamorato e l’altra confezionata dai consulenti di parte, Rosario Sacco, ordinario di clinica chirurgica dell’Università di Catanzaro, e Massimo Brunetti, specialista in medicina legale (quest’ultimo ha preso parte all’autopsia). Due tesi contrastanti che spostano l’asse in due direzioni. Secondo la dottoressa Innamorato, la morte di Stano è stata la diretta conseguenza dello stato di prostrazione e sofferenza, psichica e fisica, quale effetto delle violenze subite nel tempo. Una sofferenza, non curata e nascosta anche per il terrore che frenava il pensionato costretto ad isolarsi in casa, che avrebbe determinato un’ulcera gastrica complicata sino alla morte.

Diversa la relazione della coppia di specialisti ingaggiati dalla difesa che ripercorre gli ultimi giorni di vita di Antonio Stano trascorsi tutti in ospedale. Una lunga degenza partita il 6 aprile, quando il 65enne manduriano venne soccorso nella sua abitazione e finita il 24 aprile, con la morte per sopraggiunte complicanze. È proprio su queste complicanze che i consulenti Brunetti e Sacco puntano i riflettori analizzando i tre interventi chirurgici a cui Stano è stato sottoposto durante il ricovero nella rianimazione dell’ospedale di Manduria. «In coerenza con i dati della letteratura e le linee guida attualmente accettate - spiegano i due professionisti - è ragionevole ritenere che i tre interventi chirurgici avvenuti in successione, il 16 aprile, il 19 aprile, e il 20 aprile, siano stati certamente non solo inutili ma fondamentale dannosi ed abbiano contribuito in modo significativo all’evoluzione infausta del caso».

Nazareno Dinoi

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