È il manduriano Elio Palmisano il nuovo dichiarante di giustizia dell'inchiesta «Cupola». Il 42enne, secondo la procura antimafia di Lecce uno dei quattro componenti della cupola mafiosa che avrebbe gestito e controllato il traffico della droga a Manduria, ha deciso di raccontare la sua verità al pubblico ministero Milto Stefano De Nozza che lo indaga per associazione mafiosa. Nel corso di un interrogatorio protetto che si è tenuto nel carcere di Lecce dov'era rinchiuso, il manduriano già presidente della società Manduria calcio, avrebbe rilasciato dichiarazioni spontanee, accusatorie e auto accusatorie, raccolte in novanta pagine depositate in sede di udienza preliminare al giudice Marcello Rizzo e da ieri a disposizione di tutti gli altri imputati. In quelle pagine, molte delle quali secretate o piene di omissis, Palmisano avrebbe ammesso le proprie responsabilità descrivendo il funzionamento di quella che gli inquirenti della direzione distrettuale antimafia hanno definito come «la cupola», riconoscendo quindi un suo ruolo nell’organizzazione di cui avrebbero fatto parte Walter Modeo, Giovanni Caniglia e Nazareno Malorgio, tutti pregiudicati manduriani con alle spalle precedenti per droga. Il suo racconto confermerebbe l’esistenza nella città Messapica di un’organizzazione ben radicata specializzata nel traffico di sostanze stupefacenti di varia natura che avrebbe fatto capo ai quattro imputati principali. Naturalmente non è possibile conoscere altri particolari delle dichiarazioni spontanee dell’ex presidente del Manduria Calcio il cui valore gli ha fatto ottenere la detenzione domiciliare.
Il verbale delle sue dichiarazioni, ritenute attendibili dall’accusa, è oggetto ora di studio da parte dei difensori degli altri imputati che per il prossimo 24 settembre, data in cui è stata fissata l’udienza preliminare, dovranno già avere chiara la propria linea difensiva con eventuali richieste di rito alternativo, scelte che potrebbero essere influenzate proprio dal contenuto delle novanta pagine firmate da Palmisano.
A tremare potrebbero essere anche altri personaggi sfuggiti alla prima fase delle indagini e quindi non ancora raggiunti da alcuna misura cautelare. L’attività investigativa ancora in corso, condotta dagli agenti della questura di Taranto, potrebbe quindi riservare nuove sorprese come quella del blitz intitolato «Cupola» che all’alba del 14 ottobre 2020 ha portato in carcere 23 persone accusate di associazione mafiosa e la notifica degli avvisi di garanzia ad altri diciassette indagati a piede libero. Quasi tutti manduriani, sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e altri delitti contro la persona e il patrimonio, tutti aggravati dal metodo mafioso.
Oltre a Palmisano, tra gli imputati cosiddetti minori ci sono altri due dichiaranti di giustizia (come Palmisano formalmente non ancora pentiti) che precedentemente hanno riempito 279 pagine di accuse e confessioni. Anche questo un contributo prezioso per la procura antimafia soprattutto nella parte in cui viene descritto l’organigramma dell’organizzazione malavitosa con nomi e cognomi dei presunti capi e dei rispettivi gregari con i rispettivi compiti di ognuno. Le dichiarazioni dei primi due dichiaranti descrivono una gestione del crimine basato sostanzialmente sul traffico di droga e sulle estorsioni. Tutto quanto oro colato per la pubblica accusa che ne farà buon uso in aula.
Nazareno Dinoi
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