Finalmente una buona notizia per Manduria. A renderla possibile è ancora una volta il suo patrimonio storico e archeologico, l’unico bene, forse, in grado di ripagare le brutte esperienze che da troppo tempo avvelenano la città Messapica. La notizia è questa: le vasche dei Re che da ventitré secoli giacciono abbandonati e dimenticati sui fondali di San Pietro in Bevagna, marina di Manduria, diventeranno un parco archeologico sommerso, il secondo in Italia dopo quello di Baia, nell'area dei Campi Flegrei, in Campania.
A prendersi cura della sua realizzazione, è il Ministero per i Beni e le attività culturali attraverso il suo Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia.
L’ambiziosissimo progetto, le cui tracce si trovano nei programmi futuri del Mibac, ha già avuto inizio lo scorso mese di giugno quando gli studiosi hanno mappato la zona ed hanno posizionato in situ dei panelli informativi. In futuro, secondo quanto si legge sul sito del Mibac, i biologi dell’Istituto studieranno le forme di vita marina presenti sui reperti, mentre, a cura degli archeologi e dei restauratori, sarà redatta una scheda informativa sul loro stato di conservazione.
«I visitatori, accompagnati da guide subacquee – si legge sul sito del Ministero - potranno fruire di una escursione di alto contenuto culturale, supportata da pannelli didattici sistemati sul fondo, accanto ai manufatti marmorei facenti parte del carico della nave naufragata. Se il progetto, come si auspica, avrà successo – prosegue la nota - si potrà pensare anche alla possibilità di attivare un servizio di battelli con fondo trasparente ed escursioni per visite dalla superficie con maschera e pinne (il relitto è a soli 100 metri da riva su un fondale di 5 metri)».
Il Nucleo per gli Interventi di Archeologia Subacquea dell'ISCR che si occuperanno delle vasche dei Re svolge da anni interventi conservativi e restauri sott’acqua per la conservazione e la valorizzazione del Patrimonio sommerso.
La nave naufragata a San Pietro in Bevagna intorno alla prima metà del III sec. d.C., poteva avere una lunghezza di circa m. 20-22, per una larghezza di m. 5-6, e trasportava sarcofagi di marmo bianco, di forma e di dimensioni diverse e dal peso variabile dai 1000 ai 6.000 chilogrammi, provenienti dall’Egeo e dall’Asia Minore.
Probabilmente i manufatti erano destinati a Roma, dove sarebbero stati sbarcati nella Statio Marmorum di Ostia; da qui, per via fluviale, a bordo delle naves Caudicariae, sarebbero giunti alla Ripa Marmorata, presso il monte Testaccio, e nel Campo Marzio, dove operavano i marmorari, presso la Statio Rationis Marmorum.
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2 commenti
rossi andrea
dom 13 ottobre 2019 05:39 rispondi a rossi andreaMi auguro che il Comune di Manduria, quando avremo il nuovo Sindaco e con lui la schiera dei Consiglieri Comunali, si intrattenga anche sui luoghi privi di acqua potabile. Perché stranamente nessuno si occupa di noi. Ultima propaggine delle Marine di Manduria. Cari Manduriani ricordatevi di Piazza Tubi crollata miseramente. Quando andrete alle urne se volete guardare ad un buon futuro rivolgete un pensiero a Torre Columena.
Lorenzo
sab 12 ottobre 2019 09:28 rispondi a Lorenzo..e magari si potrebbe far gestire la divulgazione nel mondo, ai più...esperti...la Proloco di Manduria, e scusate se é poco.