Domenica, 11 Maggio 2025

Attualità

L'incontro con il ricercatore che rimette in moto gli arti colpiti da ictus

Ricerche mediche eslcusive, premi e riconoscimenti in tutto il mondo: «ma il mio cuore è a Manduria»

Marco Capogrosso Marco Capogrosso

Tutti possono e devono inseguire i propri sogni e poter fare qualsiasi cosa al di là del contesto economico». È questo il messaggio che il ricercatore manduriano, Marco Capogrosso, ha voluto lanciare a tutti i giovani quando lo abbiamo intervistato via Whatsapp. Marco, professore assistente del Dipartimento di Neurochirurgia dell’Università di Pittsburgh, è tra gli autori di una ricerca che permette ai pazienti di riacquisire la mobilità degli arti superiori e riprendere autonomia attraverso elettrodi metallici sul collo.

Marco Capogrosso, il ricercatore manduriano che ha sperimentato un metodo per ridare vita agli arti colpiti da ictus, si trovava a Boston quando gli abbiamo chiesto che rapporto avesse con Manduria e lui, con un delizioso accento manduriano, ci ha risposto che in casa ha un capasone e che la città messapica è dentro di lui, ovunque si trovi, anche nella sua dispensa. Non è un dottore impettito, tutt’altro. È alla mano e di una positività contagiosa. Un uomo semplice, ma con alle spalle premi e riconoscimenti. «La mia vita è il mio lavoro, non c’è separazione perché ho avuto la grande fortuna di amare ciò che faccio», dice il professore da una stanza d’hotel mentre imbraccia la sua bimba. All’indomani doveva recarsi ad Harvard per provare a cercare qualche terapia che, accoppiata alla sua ricerca, possa rimarginare parti del sistema nervoso. Ma la sua casa americana è a Pittsburgh, in Pennsylvania, e ci rimarrà almeno fino al 2025.

A Manduria, invece, ci torna almeno due volte l’anno, in estate soprattutto. E proprio tra le mura messapiche, Marco ha vissuto un’adolescenza serena: «Sono stato un bambino normale come tanti altri giocavo con i miei amici alla contrada Scrasciosa e a scuola non studiavo perché la trovavo davvero semplice», racconta l’uomo sorridendo, sebbene poi confessare che, una volta a settimana, a dodici anni, si recava all’Osservatorio di Uggiano Montefusco per parlare di scienza con adulti. Forse è lì, tra le stelle, che ha maturato la passione per la fisica e dove ha trovato alcuni tra i suoi mentori. I primi però sono stati i suoi genitori e il caro nonno. «Ho avuto la fortuna di non avere una famiglia, come per alcuni manduriani, che invoglia a fare delle specifiche facoltà, come medicina, o peggio ancora che scoraggiano i propri figli limitandoli nel perseguire i loro sogni, non è affatto così. Tutto è possibile!», spiega Capogrosso con un certo fervore incoraggiando i giovani manduriani a non demordere se vogliono raggiungere un obiettivo perché le difficoltà economiche non sono una scusa.

Intanto con il suo team internazionale di ricercatori dell’Università di Pittsburgh, Marco guarda già al futuro della sua ricerca, per questo gli abbiamo chiesto se la tecnologia sui neurolesi che stanno testando possa estendersi anche a malattia neurodegenerative come la SLA. «Stiamo già lavorando sulla SMA (Atrofia Muscolare Spinale), una patologia neuromuscolare caratterizzata dalla progressiva morte dei motoneuroni, le cellule nervose del midollo spinale che impartiscono ai muscoli il comando di movimento. Per quanto riguarda la SLA, ancora non è chiaro cosa inneschi il progressivo deterioramento dei motoneuroni, quindi, è più difficile costruire una tecnologia che agisca alla fonte, al contrario della SMA» spiega il ricercatore. La straordinaria neuro-tecnologia non è però sostitutiva alla riabilitazione post-ictus: «No. Grazie alla stimolazione data dagli elettrodi abbiamo constatato dei notevoli miglioramenti nelle capacità motorie dei pazienti, ma non può essere sostitutiva alla riabilitazione che, accompagnata alla nostra tecnologia, può aiutare, nel percorso di “guarigione” del paziente». Di questo e molto altro, Marco vorrebbe parlarne nelle scuole manduriane: «Spero di poterlo fare al più presto, di persona, proprio a Manduria tra i giovani».

Marzia Baldari e Silvia Dimagli

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1 commento

  • Nadia Pettinelli
    ven 7 aprile 2023 10:33 rispondi a Nadia Pettinelli

    Salve Dottore ho letto il suo articolo e qualche giorno fa l'ho vista in Medicina 33 insieme alla sua compagna e collega, io sono Nadia e vivo in piccolo paesino in provincia di Viterbo e da qualche anno sono affetta da questa maledetta SLA,.. IO SPERO TANTO CHE LEI È LA SUA EQUIPE STUDIANDO PER ALTRE PATOLOGIE POSSA USCIRE QUALCOSA DI IMPORTANTE ANCHE PER NOI CHE SIAMO TANTI AD AVERE QUESTA PATOLOGIA... Tanti Cari Auguri di Buona Pasqua a lei e famiglia e Un Augurio Speciale perché Speriamo In Ricerche Concrete!

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