
La Corte d’appello di Taranto ha confermato la sentenza di primo grado, del Tribunale civile, che mi aveva condannato a risarcire con duemila euro l’ex prefetto ed ex commissario straordinario del comune di Manduria, Vittorio Saladino. Una sentenza che contestavo, come contesto questa seconda, per i motivi che ho esposto con il mio avvocato e che chi ha voglia e interesse può leggere nella sentenza stessa che pubblico di seguito.
Ritenevo allora e ritengo di aver svolto correttamente il mio ruolo di giornalista e di aver esercitato quel diritto di cronaca che spesso, a noi giornalisti, ci costa pene, come in questo caso, più alte quanto più alti sono “in grado” i personaggi coinvolti nei nostri articoli.
La storia in molti la sanno già. L’ex prefetto Saladino era stato rinviato a giudizio per un presunto abuso d’ufficio dal Tribunale di Rimini, dove era commissario di quel comune, per rispondere - riporto fedelmente il testo della sentenza con cui i giudici dell’appello mi condannano - «all’uso a fini personali delle prestazioni lavorative di un dipendente della locale Prefettura e allo annullamento di una contravvenzione per violazione del codice della strada contestata alla moglie del Saladino».
Io avevo invece scritto e con me almeno una decina di testate regionali dell’Emilia Romagna e nazionali ed anche l’Ansa (tutti documentati in appello), che Saladino era stato rinviato a giudizio perché «avrebbe annullato senza motivo multe a parenti ed amici».
La differenza? Il plurale! Si legge infatti nella sentenza che mi condanna che: «Il Saladino, dunque, secondo le contestazioni dall’autorità giudiziaria penale, non è stato accusato di “aver annullato ... multe a parenti e amici”. E la circostanza non è di poco conto in quanto, con la espressione “aver annullato ... multe a parenti e amici”, il Dinoi ha finito con il collegare al Saladino non solo a singole ipotesi di reato, ma ad un vero e proprio modus operandi. In tal senso depone infatti l’uso del plurale (“multe” a “parenti” ed “amici”), come se il Saladino fosse solito tenere tale condotta illecita. Per tale ragione non si condivide la tesi dell’appellante secondo cui la notizia non veritiera del rinvio a giudizio del Saladino per ““aver annullato ... multe a parenti e amici” sarebbe una modesta e marginale inesattezza, un dettaglio inesatto e un’inesattezza marginale (v. alle pagg.22 e 23 dell’atto di appello). Per la gravità del suo significato, la falsità di quella notizia non era affatto marginale, né una mera inesattezza o imprecisione».
In effetti il mio errore che riconosco, è quello di aver dato credito ad altri giornalisti, ripeto, almeno una decina comprese le redazioni di agenzia di stampa nazionale, senza avere in mano le carte con l’esatta imputazione che veniva attribuita a Saladino che è stato poi assolto, notizia che io ho prontamente riportato. Ho sbagliato e per questo ho già versato a Saladino, un paio di anni fa, il risarcimento pari a duemila euro che il giudice di primo grado mi aveva detto di pagare (l’ex prefetto ne chiedeva 30.000) ed ora mi toccherà pagare anche le spese legali e processuali di questo appello che ho perso.
Detto questo, accetto la decisione dei giudici come si devono accettare tutte le condanne, ma biasimo chi gioisce miseramente spudoratamente e pubblicamente come le persone che riporto nella foto. Non personaggi qualsiasi (tranne qualcuno praticamente sconosciuto), ma professionisti avvocati, consiglieri comunali, nonché capogruppo dei grillini, e la presidente cittadina di Legambiente che oltre ai cuoricini di altri, commenta addirittura così la “gioiosa” notizia: «La giustizia trionfa (e qui ci mette l’emoticon del sorriso compiacente) certo, molti lasciano perdere, ma una al giorno ci sta». Alla nostra paladina dell’ambiente e della giustizia dico che, purtroppo per lei, non una al giorno, ma questa è la mia prima condanna per diffamazione (in appello) a fronte di altre 35 che ho subito in tantissimi anni di professione, tutte archiviate o chiuse con l’assoluzione ed altre quattro ancora in corso.
Su Rtm che ha prontamente passato la velina della mia condanna, faccio notare invece che la stessa Rtm non ha dato per niente l’altra più o meno recente notizia della richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Taranto nei confronti dello stesso Saladino per altri fatti che sarebbero accaduti nel periodo in cui ha amministrato il Comune di Manduria.
Nazareno Dinoi
Di seguito la sentenza
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato il 12.11.2020 Dinoi Nazareno ha proposto appello per l’integrale riforma della sentenza n.376/2020 pronunciata dal Tribunale di Taranto nel procedimento ivi iscritto al n. 1487/2019 con cui l’odierno appellante è stato condannato, con il carico delle spese di lite, al risarcimento del danno non patrimoniale subito dal dott. Saladino Vittorio, ex prefetto in pensione, a causa del contenuto
diffamatorio di alcuni articoli giornalistici pubblicati in data 20.09.2018, 11.10.2018, 28.11.2018, 29.11.2018 sul sito internet “Lavocedimanduria.it” e sull’edizione cartacea del giornale “la Voce di Manduria”. L’importo dovuto a titolo di ristoro del danno non patrimoniale è stato determinato in via equitativa dal giudice di prime cure in € 2.000,00, a fronte della maggior condanna di € 30.000,00 domandata dall’attore.
Ha dedotto l’appellante in punto di premessa che la notizia per cui era stato chiamato a rispondere civilmente in qualità di (autore e) direttore responsabile del giornale La Voce di Manduria, era relativa ad una vicenda giudiziaria che aveva coinvolto il dott. Saladino, all’epoca dei fatti (cioè del rinvio a giudizio) commissario straordinario del Comune di Manduria, sottoposto a giudizio per il reato di abuso d’ufficio ex art. 323 c.p., a conclusione di un’indagine che lo aveva riguardato in veste di (ex) prefetto di Rimini (unitamente ad altri esponenti istituzionali di primo piano), e che aveva avuto larga diffusione tanto da essere stata pubblicata da numerose testate giornalistiche, sia locali che nazionali, mediante articoli dello stesso identico tenore di quelli posti a base della richiesta risarcitoria.
Ha allegato (il Dinoi) che l’interesse alla divulgazione della notizia, a cui erano stati dedicati quattro articoli nelle edizioni (online e cartacee) del giornale La Voce di Manduria, i primi tre dei quali relativi allo evolversi del procedimento penale e l’ultimo relativo alla sentenza di assoluzione, scaturiva dal ruolo istituzionale ricoperto dal dott. Saladino, chiamato a comporre la Commissione per la gestione provvisoria del Comune di Manduria e ad esercitare le funzioni di Sindaco in seguito allo scioglimento del Consiglio Comunale ex art. 143 DPR 18.08.2000 n.267, incarico dal medesimo svolto sino ad ottobre 2020.
Con un lungo ed articolato atto di appello l’odierno deducente ha sostenuto l’ingiustizia della sentenza impugnata, lamentando quali motivi di gravame 1) la falsa applicazione dell’art.595 c.p. e la carente o contraddittoria motivazione della sentenza in ordine alla sussistenza della scriminante dal legittimo esercizio del diritto di cronaca; 2) la erronea, contraddittoria e carente motivazione in ordine comunque alla sussistenza della scriminante putativa; 3) l’erronea valutazione e la omessa e contraddittoria motivazione sulla sussistenza dell’elemento soggettivo della diffamazione; 4) la violazione delle norme in materia di onere della prova e la carenza e contraddittoria motivazione in ordine all’esistenza e alla quantificazione del danno risarcibile.
Costituitosi con comparsa di risposta depositata in data 18/06/2021, lo appellato ha reiterato le difese formulate in primo grado, concludendo per la conferma della gravata sentenza, ritenuta non meritevole di censura, stante la falsità della notizia pubblicata in più occasioni dal Dinoi, nonché il carattere fuorviante degli argomenti utilizzati al fine attribuire ancor più gravità all’accusa e determinare un maggior discredito alla reputazione dell’attore. Da tali elementi, secondo lo assunto difensivo dell’appellato, doveva ricavarsi un chiaro intento denigratorio sotteso alle suddette pubblicazioni, non corrispondenti alla realtà dei fatti e, per tale ragione, censurabili sotto il profilo della trascuratezza dell’obbligo professionale di approfondimento e verifica delle originarie fonti, in primo luogo di quella giudiziaria.
Con il primo motivo l’odierno appellante allega la falsa applicazione dell’art.595 c.p. e la carenza e contraddittorietà di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure ritenuto ricorrente nel caso di specie, sia pure incidentalmente, il reato di cui agli artt. 595 - 596 bis c.p., ritenendo (il tribunale) sussistere il contenuto offensivo degli scritti giornalistici su indicati ed escludendo l’operatività ex art.51 c.p. della scriminante del diritto di cronaca, sulla base dei noti canoni giurisprudenziali (enucleati a partire da Cass.pen. sez.un. 30.06.1984 n. 5259). L’esposizione corretta e veritiera del fatto e la pubblica utilità della notizia, secondo l’appellante, avrebbe dovuto indurre il giudice ad escludere ex artt.51 c.p. e 21 Cost. la rilevanza penale della vicenda in esame e, di conseguenza, la responsabilità risarcitoria in capo allo autore. Con il secondo motivo di appello il Dinoi allega l’erronea, contraddittoria e carente motivazione in cui sarebbe incorso comunque il tribunale non ritenendo la sussistenza anche della scriminante putativa del diritto di cronaca, in quanto l’appellante - a suo stesso dire - avrebbe valutato l’attendibilità delle sue fonti di conoscenza, tra cui l’ANSA e altre testate giornalistiche di rilevanza nazionale. Col terzo motivo di appello il Dinoi allega l’erronea valutazione e l’omessa e contraddittoria motivazione sulla sussistenza dell’elemento soggettivo della diffamazione, in cui sarebbe incorso il tribunale. Esaminati i tre motivi di appello congiuntamente perché attinenti alla esistenza degli elementi costitutivi del reato di diffamazione a mezzo stampa e la sua punibilità (artt.57 e 595 c.p.), si ritiene che gli stessi siano infondati.
L’informazione a cui Dinoi Nazareno diede diffusione mediante la pubblicazione degli articoli giornalistici del 20.09.2018, 11.10.2018 e 28.11.20118 è viziata da falsità su una circostanza non di poco conto, come si esporrà in seguito, nella parte in cui è stata ivi riportata la notizia che l’ex prefetto di Rimini, Vittorio Saladino, assieme ad un altro ex prefetto e ad un ex vicecomandante della polizia municipale di Riccione, era stato rinviato a giudizio perché “avrebbe annullato senza motivo multe a parenti ed amici” quando era prefetto di Rimini. In realtà i capi di imputazione di abuso d’ufficio per i quali il Saladino è stato tratto in giudizio, come peraltro ammesso dallo stesso Dinoi nell’atto di appello riconoscendo l’inesattezza e l’imprecisione (v. atto di appello, alle pagg.22 - 25), erano quelli relativi all’uso a fini personali delle prestazioni lavorative di un dipendente della locale Prefettura e allo annullamento di una contravvenzione per violazione del codice della strada contestata alla moglie del Saladino. Ciò risulta in modo non equivoco dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari e dalla richiesta di rinvio a giudizio prodotti in copia dal Saladino (v. copie nel fascicolo di parte).
Il Saladino, dunque, secondo le contestazioni dall’autorità giudiziaria penale, non è stato accusato di “aver annullato ... multe a parenti e amici”. E la circostanza non è di poco conto in quanto, con la espressione “aver annullato ... multe a parenti e amici”, il Dinoi ha finito con il collegare al Saladino non solo a singole ipotesi di reato, ma ad un vero e proprio modus operandi. In tal senso depone infatti l’uso del plurale (“multe” a “parenti” ed “amici”), come se il Saladino fosse solito tenere tale condotta illecita. Per tale ragione non si condivide la tesi dell’appellante secondo cui la notizia non veritiera del rinvio a giudizio del Saladino per ““aver annullato ... multe a parenti e amici” sarebbe una modesta e marginale inesattezza, un dettaglio inesatto e un’inesattezza marginale (v. alle pagg.22 e 23 dell’atto di appello). Per la gravità del suo significato, la falsità di quella notizia non era affatto marginale, né una mera inesattezza o imprecisione. Dagli atti acquisiti si desume anche il dolo nella condotta del Dinoi. Nel primo articolo, quello pubblicato in data 20.09.2018 (v. copia in atti), il Dinoi ha riportato la nota inviata all’Ansa dal Saladino con la quale l’ex prefetto si difendeva contestando di essere stato rinviato a giudizio per “aver annullato multe a parenti ed amici” e precisando che l’unica contravvenzione del cui annullamento si faceva menzione nel rinvio a giudizio era quella elevata alla moglie del Saladino, contravvenzione peraltro non annullata dalla Prefettura ma estintasi per “prescrizione”.
Avendo riportato la precisazione dell’ex prefetto, il Dinoi ben sapeva dunque della contestazione sollevata dal Saladino sulla veridicità della notizia (del rinvio a giudizio per l’annullamento di multe a parenti ed amici). Ma, ciò nonostante, anziché attivarsi diligentemente per verificare se effettivamente il Saladino era stato rinviato a giudizio anche per “aver annullato ... multe a parenti e amici”, il Dinoi ha pubblicato la stessa falsa notizia anche il successivo 11.10.2018 (v. copia della pubblicazione prodotta da entrambe le parti). E il Dinoi ha insistito nella sua condotta pure con la pubblicazione del 28.11.2018 (v. copia della pubblicazione prodotta da entrambe le parti), questa volta omettendo anche di riportare la contestazione del Saladino della verità della notizia. Nella pubblicazione del 28.11.2018 il Dinoi ha addirittura accostato, in un unico articolo, la notizia (in parte falsa) relativa al Saladino a quella del giudizio civile per la non candidabilità degli ex amministratori del Comune di Manduria, decaduti a seguito dello scioglimento del consiglio comunale del Comune di Manduria per condizionamenti della malavita organizzata, ex art.143 DPR 18.08.2000 n.267, fatto di particolare gravità.
La persistenza del Dinoi nella pubblicazione della falsa notizia del rinvio a giudizio del Saladino per “aver annullato ... multe a parenti e amici” senza verificarne la veridicità, nonostante sapesse - si ribadisce - della contestazione mossa dal Saladino all’agenzia Ansa, dimostrano il dolo del Dinoi nella diffamazione in danno del Saladino. Non sussiste infine e non può applicarsi la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca, neppure di quella putativa per aver il Dinoi creduto incolpevolmente e involontariamente nella veridicità della notizia. Ribadita infatti la non veridicità oggettiva della notizia suddetta del rinvio a giudizio del Saladino per “aver annullato ... multe a parenti e amici”, si rileva che il Dinoi ha infatti omesso di verificare la attendibilità delle fonti da cui avrebbe appreso la notizia, onde poter concludere per la sussistenza della verità putativa, sufficiente per la applicazione della scriminante suddetta. Il Dinoi, infatti, non ha allegato, né ha assolto l’onere di provare gli elementi di fatto idonei a giustificare l’erroneo e incolpevole convincimento in ordine alla veridicità della notizia (in tal senso, per l’onere del giornalista di allegare e provare tali elementi, ex multis Cass.pen. sez.V 18.11.2019 n.7008), tale da dimostrare quanto meno la verità putativa della notizia. Il Dinoi ha cercato di fondare la tesi della verità putativa sulla valenza quali fonti di conoscenza degli “scritti di cronaca altrui”, delle “autorevoli fonti informative di ampia diffusione nazionale” tra cui la Ansa e delle “altre e numerose testate anche di rilievo nazionale” (v. atto di appello, alla pag.35). Tali fonti non sono tuttavia sufficienti a suffragare l’esistenza della scriminante putativa (ex art.59 c.IV c.p.) dell’esercizio del diritto di cronaca in quanto non può il giornalista fare affidamento in buona fede su una fonte informativa costituita da altre pubblicazioni giornalistiche, atteso che in tal modo finirebbe col confidare sulla correttezza e professionalità dei colleghi, in una sorta di circuito autoreferenziale (in tal senso Cass.pen. sez.V 19.05.2015 n. 35702, Cass.pen. sez.V 18.11.2019 n.7008). Non ha dunque rilevanza, al fine di valutare l’esistenza della scriminante putativa, la circostanza che altre testate giornalistiche avrebbero diffuso la stessa falsa notizia.
Il contenuto offensivo della notizia suddetta non può essere oggetto di discussione in quanto, oltre che desumibile dalla natura moralmente deplorevole dei fatti attribuiti con la falsa notizia al Saladino, è stato lo stesso Dinoi ad ammettere tale contenuto avendo “dovuto” invocare lo operare della scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca per suffragare le tesi della sua non punibilità. Il contenuto offensivo dello scritto giornalistico e il dolo del Dinoi non sono esclusi dalla pubblicazione del 29/11/2018 mediante la quale veniva dato risalto alla notizia dell’assoluzione con formula piena del Saladino, in quanto fatto che incide al più sull’entità del danno subito dal Saladino (come correttamente valutato dal tribunale), non sulla esistenza del danno alla reputazione subito per essere stato indicato ai lettori come Prefetto rinviato a giudizio perché annullava “multe senza motivo a parenti ed amici”. Con l’ultimo motivo d’appello, il Dinoi lamenta la contraddittorietà e carenza di motivazione relativamente alla statuizione adottata dal Tribunale in ordine all’esistenza del danno ed alla sua quantificazione, sostenendo che in assenza di prova del nocumento patito, il giudice di prime cure avrebbe dovuto assumere un atteggiamento più prudenziale, piuttosto che propendere per una valutazione equitativa, la quale deve conseguire (in ogni caso) all’accertamento del danno nella sua produzione. Il motivo non è condivisibile. Pur essendo inoltre quello addotto (la lesione della reputazione) dal Dinoi un “danno conseguenza”, pur non essendo pertanto tale danno “in re ipsa” e necessitando lo stesso di dimostrazione, questa è stata fornita per presunzioni (per la prova per presunzioni del danno alla reputazione, ex multis, Cass.civ. sez.III 14.06.2021 n.16740, Cass.civ. sez.VI 31.03.2021 n.8861), costituite dal contenuto oggettivamente offensivo della notizia, dalla notorietà e dall’importanza delle funzioni svolte dal Saladino nel Comune di Manduria, dall’uso di mezzo di diffusione generalizzata (giornale periodico), dalla diffusione tra tutti coloro che risiedono nello stesso Comune (Manduria), dove il Saladino esercitava le funzioni di commissario straordinario del Comune e il giornale si presume avesse ampia diffusione, dalla ripetitività e dalla persistenza della condotta illecita del Dinoi e dalla natura dolosa della condotta. Sono questi elementi indiziari che in modo grave ed univoco dimostrano l’esistenza del danno allegato dal Saladino.
Né l’esistenza del danno alla reputazione è da escludere, come pure brevemente dedotto dall’appellante (v. atto di appello, a pag.42), per la circostanza che la falsa notizia fosse stata già pubblicata da altre testate giornalistiche. La rilevanza locale del giornale su cui è stata effettuata la pubblicazione diffamatoria e la diffusione del giornale proprio nella comunità del Comune dove il Saladino svolgeva le sue funzioni di commissario straordinario inducono infatti a ritenere che la pubblicazione diffamatoria in ambito locale abbia contribuito alla maggiore diffusione della falsa notizia nella comunità di Manduria, a una diffusione maggiore di quella che a livello locale avrebbero avuto le pubblicazioni della stessa notizia sulle altre testate non aventi natura locale. In ordine poi alla quantificazione dei danni non patrimoniali allegati dal Saladino, dovendosi procedere ex artt.1226 e 2056 c.c. alla liquidazione equitativa degli stessi per la mancanza di precisi parametri di stima, non potendosi dunque pretendere dal Saladino l’allegazione e la prova di precisi parametri di stima del danno, il tribunale ha legittimamente proceduto alla liquidazione equitativa. E prendendo come riferimento, in via equitativa, i minimi e i massimi dei precedenti giudiziari di vari tribunali d’Italia indicati nelle tabelle redatte dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, si rileva che la liquidazione effettuata dal Tribunale di Taranto rientra nei parametri rilevati dalle dette tabelle, tra gli importi (tra i mille e i diecimila euro) mediamente liquidati per le “diffamazioni di tenue gravità”.
Resta assorbita ogni altra questione. L’esito della lite giustifica, secondo soccombenza (art.91 c.p.c.), la condanna dell’appellante al rimborso delle spese processuali in favore dell’appellato, nella misura liquidata secondo i parametri medi di cui al DM 10.03.2014 n.55. Al rigetto dell’impugnazione consegue l’obbligo della parte appellante di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 n.115, art.13, comma 1quater.
P.Q.M.
La Corte di Appello, pronunciando definitivamente sull’appello avverso la sentenza n.376/2020 del Tribunale di Taranto proposto da Dinoi Nazareno nei confronti di Saladino Vittorio con atto di citazione notificato il 12.11.2020, così provvede: 1) rigetta l’appello; 2) condanna l’appellante a rimborsare a Saladino Vittorio le spese di lite di appello liquidate in € 1.830,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso spese forfettarie (15%), CAP ed IVA come per legge. Si dà atto che sussistono i presupposti affinché l’appellante versi di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la impugnazione, ai sensi dell’art.13 c.1quater D.P.R. 30 maggio 2002 n.115.
Vuoi commentare la notizia? Scorri la pagina giù per lasciare un tuo commento.
© Tutto il materiale pubblicato all’interno del sito www.lavocdimanduria.it è da intendersi protetto da copyright. E’ vietata la copia anche parziale senza autorizzazione.
11 commenti
stuetuku
mar 2 maggio 2023 10:22 rispondi a stuetukuSALADINO NON ACCETTA CHE UN GIORNALE PARLI DELLA VICENDA GIUDIZIARIA A SUO CARICO? HA DA NASCONDERE??? SI FA MA NON SI DICE?
Fernando Maria Maurizio Potenza
mar 2 maggio 2023 01:30 rispondi a Fernando Maria Maurizio PotenzaNon mollare, agli errori c'è sempre tempo per rimediare. Alla stupidità il tempo non lo puoi fermare.
giuliana
lun 1 maggio 2023 08:30 rispondi a giulianaAgli pseudo ambientalisti dico che anzichè cuorare la condanna del Direttore, il vostro compito è quello di preservare il territorio dallo scempio ambientale che è sotto gli occhi di tutti.
giuliana
lun 1 maggio 2023 08:20 rispondi a giulianaCredo che ogni giornalista, non asservito, metta in conto nell'esercizio della professione che di fronte a una querela di parte qualche giudice possa condannarlo. Per questo, caro Direttore, non mi sorprende questa condanna, nella consapevolezza che colui che l'ha emessa l'ha fatto con la massima serenità. Ai "politici" che stanno gioendo per la tua condanna vorrei dire di riservare le loro energie nella funzione per la quale sono stati eletti. Quindi fare qualcosa per questa città morente, dove i ragazzi per realizzarsi devono scappare via, dove gli anziani non hanno spazi adatti alle loro esigenze, dove i turisti oltre il mare cristallino, per ora, non hanno nessun altro servizio, dove le strade alle prime piogge diventano impraticabili anche quelle appena asfaltate, e, mi fermo qui non voglio impressionare qualche probabile turista che ha scelto di fare le vacanze a Manduria.
Giancarlo
dom 30 aprile 2023 11:41 rispondi a GiancarloGioire di una condanna sul nulla ricamata sul cavillo. Che gente piccola piccola. Però li capisco un po', poveri cocchi annoiati. A legger i nomi dei festanti su FB, si trova tanta gente che in fondo non ha mai lavorato veramente un sol giorno in vita propria.
Marco
dom 30 aprile 2023 08:47 rispondi a MarcoCaro Direttore forse hai avuto fretta di scrivere l' articolo ma quel plurale cambia la forma ma non la sostanza. Io penso questo...un abbraccio!
Lorenzo
sab 29 aprile 2023 12:51 rispondi a LorenzoSolidale e dopo l' assoluzione degli imputati della trattativa Stato /Mafia, nulla più mi sorprende nel paese dove Massoneria e Anti Stato hanno fatto allontanare sempre più Italiani dai seggi elettorali. Nel merito di Legambiente locale è triste sapere che questi personaggi sarebbero i custodi dell' ambiente locale 🤣🤣🤣🤣. Forza sono convinto che in Cassazione il verdetto sarà imparziale, in barba ai finti ambientalisti esperti di concerti estivi😜Opinioni
Egidio Pertoso
sab 29 aprile 2023 12:43 rispondi a Egidio PertosoChe sentenzona...! Ma è vera o te la sei inventata, diretto'? Condita da tanto " fumus boni iuris" da mettere in travaglio il nostro Marco. Sarà il tuo, Reno, un caso che ti renderà famoso, non un uomo da poco. Ora della vicenda dovrebbe interessarsene tutto il consiglio comunale in rappresentanza dei suoi cittadini. Composto da gente perbene, dovrebbe esprimere solidarietà ad un cittadino onesto e libero da condizionamenti, e per il dileggio di noi Manduriani, ritenuti dei pecoroni. Intanto ti offro la mia solidarietà. Lo so che vale meno di niente, ma spero che oltre la mia te ne giungano molte, molte altre. Buon lavoro.
cosimo malagnino
sab 29 aprile 2023 11:34 rispondi a cosimo malagninoE' sempre meglio riportare virgolettato oltre la notizia come è scritta e anche la fonte di provenienza della stessa notizia e mai cambiarla da soli. Poi gli sciacalli ci sono sempre ! "imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti" , Pirandello.
cittadino
sab 29 aprile 2023 10:45 rispondi a cittadinoDirettore consolati, questi inutili ed incapaci soggetti (non meritano altra definizione) presto torneranno all'ob lio della loro nullità dopo essersi presi quel micronanosecondo di notorietà che la qwerty gli permette tramite i social e le loro emoticons.
Maurizio D.
sab 29 aprile 2023 10:41 rispondi a Maurizio D.Li grillini chiù sani sani a Manduria li tinimu