Martedì, 1 Luglio 2025

Cronaca

La lite appena alzati poi la brutale aggressione con la lama

Femminicidio a Manduria, la ricostruzione della brutalità

Il luogo dell Il luogo dell'omicidio | © La Voce di Manduria

L’allarme ieri mattina è scattato intorno alle 9,30. Manduria non si aspettava e sicuramente non meritava questo orrendo delitto, il più odioso forse che fa allungare il triste e doloroso elenco di donne uccise dai propri mariti, compagni, conoscenti, amici. Così ieri è cominciata la tragedia che macchierà la cittadina di un altro infamante fatto di cronaca.

«Venite in via Manfredi Ina casa, ho ucciso la mia compagna». È stato lui stesso a telefonare ai carabinieri piombati all’indirizzo che l’uomo ha dettato con lucidità. Un piccolo appartamento al primo piano delle palazzine di edilizia popolare del rione Barco a Manduria. Pietro Dimitri, 75 anni, ha poi atteso l’arrivo dei militari della locale stazione carabinieri a cui ha aperto la porta facendoli accomodare. «È lì per terra», ha detto al primo in divisa indicando la stanza da letto dove il corpo di Giuseppa Loredana Dinoi, 71 anni, giaceva sul pavimento parallelamente al letto e immerso nel suo stesso sangue. Un’altra scia rossa e lucida conduceva nella stanza vicino dove il settantacinquenne si era disteso, anche lui coperto di sangue che gli usciva da numerose ferite da taglio che si era procurate con la stessa arma usata per uccidere la sua compagna. Un femminicidio con tentativo di suicidio come se ne sentono tanti in ogni parte del mondo e dove le scene sembrano tutte uguali.

L’umile abitazione si è ben presto animata di investigatori e soccorritori del 118. I sanitari, una volta accertato il decesso della donna, si sono dedicati all’uomo che continuava a perdere sangue da una miriade di micro ferite da taglio su entrambe le braccia e uno più profondo sul collo all’altezza della carotide che non era stata intaccata.

Aveva invece compiuto bene l’opera sulla sua convivente, raggiunta da numerosi fendenti, almeno una ventina, su diverse parti del corpo con particolare accanimento su collo e volto. L’arma, un taglierino di grandi dimensioni di quelli usati dai tappezzieri, era ancora vicino a lui, per terra, vicino ad un divano.

Le indagini sono iniziate subito con gli investigatori del nucleo operativo radiomobile della compagnia carabinieri di Manduria e con gli specialisti della sezione scientifica del comando provinciale di Taranto che hanno cristallizzato la scena del crimine.

Dalla prima ricostruzione fatta dai carabinieri che hanno raccolto la versione dell’omicida, pare che tra i due appena alzati sarebbe iniziata una lite che man mano è degenerata sino al tragico epilogo. Sull’origine dell’animata discussione non ci sono certezze. L’uomo avrebbe accennato a presunte incomprensioni che duravano da tempo sino alla volontà di lei andarsene e lasciarlo solo. Sarebbe stata questa volontà della donna a far scattare l’aggressione brutale e violenta. I due indossavano ancora il pigiama per cui la lite sarebbe scoppiata abbastanza presto.

Il medico dell’ufficio legale della Asl, Fernando Greco che ha effettuato la visita necroscopica sul corpo della vittima, ha evidenziato delle profonde ferite all’avambraccio sinistro, segno evidente che la donna ha cercato di difendersi facendosi scudo con le braccia dai colpi di lama impugnata dal suo assassino. Più d’una invece le ferite mortali tutte alla gola. Nessuno nel condominio ha sentito urla o rumori. Il pubblico ministero Remo Epifani, dopo la sutura delle ferite eseguita dai medici del pronto soccorso dell’ospedale Marianna Giannuzzi, ha disposto l’arresto dell’uomo che è stato poi trasferito nel carcere di Taranto. Difeso dall’avvocato Dario Blandamura, deve rispondere di omicidio volontario. Il titolare dell’inchiesta ieri non aveva ancora deciso se chiedere o meno l’autopsia.

Nazareno Dinoi

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