
Una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione, ma senza il passaggio in carcere: la pena sarà infatti eseguita attraverso lavori di pubblica utilità. È quanto stabilito dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, Alessandra Romano, nei confronti di C.V., un giovane di 23 anni residente a Manduria, finito a processo con l’accusa di aver compiuto due rapine nel giro di poche ore, lo scorso 29 marzo, nei centri di Manduria e Sava.
Il procedimento si è svolto con il rito abbreviato, come richiesto dal difensore dell’imputato, l’avvocato Alessandro Cavallo, che ha sostenuto la necessità di valutare alcune circostanze attenuanti: in particolare la giovane età del ragazzo, la mancanza di precedenti penali, le scuse espresse spontaneamente in aula, e lo stato alterato di coscienza in cui si trovava al momento dei fatti, dovuto all’assunzione di sostanze stupefacenti.
Il giudice, condividendo le tesi difensive, ha inflitto la condanna a 2 anni e mezzo di reclusione e a 600 euro di multa, ma ha disposto che la pena non venga eseguita in carcere, bensì mediante una misura alternativa, ovvero i lavori socialmente utili, le cui modalità verranno definite nei prossimi giorni.
I fatti contestati
In base a quanto ricostruito dagli inquirenti e riportato durante il processo, il primo episodio sarebbe avvenuto il 29 marzo scorso a Sava, dove C.V., con il volto coperto e impugnando un coltello, avrebbe fatto irruzione in una tabaccheria gestita da un uomo con disabilità, minacciandolo e portando via 225 euro in contanti. La rapina è stata qualificata come aggravata per via dell’uso dell’arma, del camuffamento del volto e della fragilità della vittima.
Poco prima, sempre nella stessa giornata, il giovane avrebbe tentato un’altra rapina, stavolta a Manduria, all’interno di un esercizio commerciale. Anche in quel caso avrebbe agito con modalità simili, minacciando una dipendente con un coltello, ma il piano non si è concretizzato, per cause non dipendenti dalla sua volontà.
Misura rieducativa
Durante l’udienza, il 23enne ha manifestato pentimento per quanto accaduto, dichiarando di non essere lucido a causa della droga assunta in precedenza. Un atteggiamento collaborativo che, insieme al suo status di incensurato, ha portato il giudice a scegliere una strada alternativa alla reclusione, privilegiando un percorso rieducativo basato sul lavoro a beneficio della collettività.
Una sentenza che si inserisce nel solco della giurisprudenza orientata alla rieducazione dei giovani autori di reati, specialmente in casi in cui si tratti della prima esperienza giudiziaria e vi sia la disponibilità a intraprendere un percorso di recupero.
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