L’ultima sera alla SAS Nino non aveva voglia di andare a mangiare fuori. Girò per tutti i posti che aveva visitato a Viterbo in quei sette mesi, come in una muta preghiera di non lasciarlo andare. Andò in Piazza del Papato. Non si era mai accorto di quanto fosse bella. Andò a salutare i ragazzi della libreria Quatrini, in via della sapienza. Li abbracciò forte come fossero suoi fratelli che non avrebbe rivisto mai più. Andò a fermarsi dal vecchio Metello prima di rientrare in caserma e quello gli chiese dove sarebbe andato ora. Glielo disse. Metello gli magnificò quella città. Disse che ci aveva vissuto molto tempo prima. Chiese se gli allievi avrebbero pensato qualche volta a lui. Come dimenticare il vecchietto che ci incoraggiava quando dicevamo di voler lasciare? Come non pensare alle volte che si usciva senza soldi e lui ci sopportava nel suo modesto esercizio? Caro vecchio Metello, non si possono dimenticare persone tanto buone e sagge come te. Entrasti nella nostra vita in punta di piedi, per restare nel nostro cuore fino alla morte.
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